Una spedizione scientifica italo-egiziana identifica un cratere d’impatto da meteorite

E’ quello che si direbbe un cratere “perfetto”: nonostante i secoli o forse i millenni trascorsi dalla sua formazione, mantiene ancora perfettamente conservate tutte le sue strutture. La cavità, del diametro di 45 metri e profonda 16, è stata scoperta nel deserto dell’Egitto meridionale da una equipe di ricercatori italo-egiziani. Sul nostro pianeta è un […]

E’ quello che si direbbe un cratere “perfetto”: nonostante i secoli o forse i millenni trascorsi dalla sua formazione, mantiene ancora perfettamente conservate tutte le sue strutture. La cavità, del diametro di 45 metri e profonda 16, è stata scoperta nel deserto dell’Egitto meridionale da una equipe di ricercatori italo-egiziani. Sul nostro pianeta è un cratere dalle caratteristiche davvero uniche. Finora infatti tutti i crateri da impatto conosciuti presentavano deterioramenti prodotti dagli agenti esogeni, come ad esempio acqua, vento, vegetazione. Tutti, tranne questo: il suo stato di conservazione, probabilmente agevolato dal clima desertico e da una coltre di 6 metri di sabbia che lo ricopre, è paragonabile a quello di strutture simili osservate nel Sistema solare su pianeti privi di atmosfera o coperti da ghiaccio.

La conservazione delle strutture primarie di impatto, associate alla presenza degli abbondanti resti di un meteorite metallico e di tipiche strutture metamorfiche (metamorfismo da shock) nelle rocce incassanti (delle arenarie del Cretaceo), contribuiscono a fornire un’immagine unica sui crateri da impatto causati da meteoriti a piccola scala. Questi ultimi sono infatti molto rari sulla superficie terrestre in quanto vengono erosi rapidamente ed i pochi identificati fino ad ora (15 inferiori ai 300 m di diametro contro i 176 di diametro maggiore ai 300 km) mostrano assenza di alcune o tutte le loro strutture primarie.

Inoltre, al contrario di quanto fino adesso supposto dai modelli geofisici, rappresenta la dimostrazione che masse meteoritiche metalliche superiori alle decine di tonnellate possono penetrare l’atmosfera terrestre senza che avvenga una frammentazione significativa. Studi statistici prevedono che la frequenza di impatto sulla superficie terrestre di oggetti simili a questo avvenga su una scala di tempo decennale-secolare.

In base alle analisi effettuate, il meteorite è stato classificato come una Ataxite ricca in Nichel, con dimensioni pari a circa 1.3 m di diametro e di massa presunta pari a 5-10 tonnellate (massa originaria all’impatto con l’atmosfera circa 20-40 tonnellate). La velocità di impatto calcolata è risultata pari a circa 3.5 km/s, ossia quasi 13.000 km all’ora (velocità iniziale di entrata 18 km/s, circa 65.000 km orari) con angolo di entrata di 45°.

Il cratere è stato identificato per la prima volta nel 2008 dal dott. Vincenzo De Michele (curatore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano) nel corso di un sorvolo virtuale dell’area effettuato su Google Earth. Nel Febbraio 2009 una prima spedizione esplorativa condotta dal dott. Mario Di Martino (Istituto Nazionale di Astrofisica) ha confermato di essere in presenza di un caso unico di studio sui crateri meteoritici di dimensione medio-piccola: “Sul sito inoltre abbiamo raccolto una tonnellata di meteoriti metalliche, composte prevalentemente di ferro e nichel. Il frammento più grande è un masso di 83 chili, staccatosi in atmosfera prima dell’urto a Terra e rinvenuto a circa 200 metri dal cratere”. Nel Febbraio 2010, nell’ambito degli accordi di collaborazione EISY 2009 (Egyptian-Italian Year of Science and Technology), una spedizione ufficiale congiunta italo-egiziana è partita allo scopo di studiare le caratteristiche uniche di quest’oggetto.

A guidare la spedizione hanno contribuito le immagini radar della regione riprese dai satelliti italiani di osservazione della Terra COSMO-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana, ed elaborate da e-GEOS (azienda Telespazio/ASI), che hanno permesso una analisi dettagliata della morfologia del terreno alla ricerca di crateri secondari.

Di questa spedizione hanno fatto parte anche parte i geologi Stefano Urbini e Iacopo Nicolosi, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), che si sono occupati in maniera particolare dell’esplorazione geofisica del sito. Sotto quest’ultimo aspetto sono stati effettuati: un modello digitale del terreno (DTM) tramite rilievo differenziale GPS; un rilievo tramite Ground Penetrating Radar (GPR) per comprendere la reale morfologia del fondo del cratere e del terreno circostante la zona d’impatto; un rilevo magnetico allo scopo di individuare l’eventuale presenza di un corpo principale del meteorite sepolto al di sotto dell’area del cratere.

I risultati ottenuti sono di grande interesse per il programma dell’Agenzia Spaziale Europea “Space Situational Awareness”, nell’ambito del quale Telespazio e INAF collaborano strettamente per realizzare un centro operativo dedicato al monitoraggio del rischio di collisione con i piccoli asteroidi che orbitano nelle vicinanze della Terra (NEO – Near Earth Objects)., responsabili della formazione del cratere Kamil.

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