Pareri diversi

Uscito attorno alla mezzannotte, dopo nove ore di interrogatorio condotto dal pm del riesame, dalla sede della procura di Piazzale Clodio, l’onorevole Denis Verdini ha dichiarato ai giornalisti: “Fini ha chiesto le mie dimissioni? La sua richiesta è impropria. In Italia ci sono tre gradi di giudizio e con le risposte che ho dato stasera […]

Uscito attorno alla mezzannotte, dopo nove ore di interrogatorio condotto dal pm del riesame, dalla sede della procura di Piazzale Clodio, l’onorevole Denis Verdini ha dichiarato ai giornalisti: “Fini ha chiesto le mie dimissioni? La sua richiesta è impropria. In Italia ci sono tre gradi di giudizio e con le risposte che ho dato stasera penso di non avere alcun motivo per dimettermi”.I suoi legali, gli avvocati Franco Coppi e Marco Rocchi, quest’ultimo anche vicepresidente dimissionario della banca di Verdini, negano tutte le accuse: nessuna partecipazione alla “P3″, nessuna pressione per l’eolico in Sardegna. “Abbiamo fornito testimonianze e documentazioni che saranno facilmente riscontrabili dal pm”. Come riporta Paolo Colonnella su La Stampa, due erano le questioni da chiarire: da una parte la gestione della sua banca, il Credito Cooperativo Fiorentino, da cui da ieri si è dimesso da presidente seguito da tutto il consiglio d’amministrazione, e che, secondo una relazione della Guardia di Finanza e della Banca d’Italia (che però sarà nota solo entro il 22 agosto), avrebbe avuto una guida poco trasparente. Tanto che ieri dalla Procura di Firenze, che si occupa dell’inchiesta sugli appalti della Scuola dei Marescialli, è arrivata una nuova contestazione per “mendacio bancario”. Dall’altra, i suoi rapporti finanziari con Flavio Carboni, il finanziere sardo da cui avrebbe ricevuto almeno 800 mila euro per quella che i pm considerano una corruzione, in cambio di pressioni sul presidente della Sardegna Ugo Cappellacci in vista di appalti sull’eolico e per far nominare il direttore dell’Arpas (amico di Carboni) Ignazio Farris. Pressioni confermate nell’interrogatorio di settimana scorsa dallo stesso Cappellacci. Vicende che appaiono intersecate tra loro in un groviglio non semplicissimo di passaggi di denaro tra la sua banca, la Società Toscana Edizioni, che edita il Giornale della Toscana, controllata sempre da Verdini e lo stesso Carboni. Come scrive sul Corriere Massimo Franco, di là dalle sue affermazioni e da quelle dei suoi avvocati, resta incomprensibile l’atteggiamento di Verdini (difeso anche oggi da Bondi e Ignazio La Russa) che, dimettendosi dalla banca ma non dalla politica, è come se si sentisse più responsabile nei confronti degli azionisti che degli elettori; o comunque ritenesse i primi più severi e temibili dei secondi. E’ davvero difficile, per chiunque abbia un minimo di raziocino, liquidare la questione sostenendo semplicemente di credere a Verdini, alle sue assicurazioni di non avere commesso nulla di illegale: tutti sanno che in politica le contraddizioni hanno un prezzo e più a lungo vengono eluse, più si prendono una rivincita rapidissima nelle sue conseguenze. Ieri ad una convention napoletana di Generazione Italia, Fini ha rotto ogni indugio e detto: “La difesa della legalità deve essere una bandiera dell’azione del Pdl e occorre distinguere la giusta tutela del garantismo, perché si è innocenti fino al terzo grado, dall’opportunità di continuare a mantenere incarichi politici quando si è indagati”. Tutti rigoderanno che un mese fa, litigando con Sandro Bondi, Fini aveva parlato di “opportunità di mantenere incarichi quando c’è una richiesta d’arresto”: lì l’obiettivo unico era Nicola Cosentino. Decapitato Cosentino dal governo e incassate le migliorie sulle intercettazioni, mercoledì scorso, al discorso del Ventaglio, Fini si era limitato a chiudere dicendo un vago “ma non si può giustificare ciò che giustificabile non è”. Ieri ha deciso di affrontare la questione senza esitazioni “Non si può considerare un provocatore chi pone la questione morale e non si può reagire minacciando espulsioni che non appartengono alla storia di un grande partito liberale di massa”. Punti di vista molto diversi che preannunciano strappi allargati e non ricuciture nel Pdl. Le parole di Fini, sempre più chiare, nette, decise, sono l’annuncio di un incubo per Berlusconi, poiché chiariscono, ancor di più, che i finiani “non se ne vanno né si fanno cacciare” come dice Bocchino, sicchè l Cavaliere non resta altra alternativa che scatenare la guerra, una guerra sui cui esiti è davvero molto incerto. Sempre ieri all’uscita dalla procura, Verdini ha detto: “”Adesso mi dedico alla politica – ha continuato Verdini – Quel che ho fatto oggi e’ un passo importante. Mi dite che sono stato indagato dalla Procura di Firenze, risponderò a tempo debito. Dico che ci dovrebbe essere il segreto istruttorio, voi lo violate e fate bene. Rifletto che nel nostro Paese tante categorie hanno diritti, e che il cittadino viene sballottato da una parte all’altra. Anche e soprattutto per questo dico meno male che c’e’ Berlusconi”. Certamente la sua è una dichiarazione sincera, ma altrettanto certamente Berlusconi, da parte sua, maledice che ci siano in politica sia i Verdini che i Fini, persone di tempra e con idee differenti, ma entrambi capaci di rallentare ed impantanare il suo carro, proprio quando vedeva il traguardo ad un passo.

Carlo Di Stanislao

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