La mappa europea dell’avanzata dei partiti populisti e xenofobi

Gli ultimi sono stati i finlandesi. Un quinto dei quali ha dato il proprio voto alla formazione di estrema destra alle recenti elezioni politiche: iVeri Finlandesi hanno ottenuto 39 seggi, da 5 che ne avevano. Uno sconvolgimento, per il panorama politico della tranquilla e civile nazione scandinava, che ha tuttavia deciso di escludere il partito […]

Gli ultimi sono stati i finlandesi. Un quinto dei quali ha dato il proprio voto alla formazione di estrema destra alle recenti elezioni politiche: iVeri Finlandesi hanno ottenuto 39 seggi, da 5 che ne avevano. Uno sconvolgimento, per il panorama politico della tranquilla e civile nazione scandinava, che ha tuttavia deciso di escludere il partito dalla formazione del goveno, preferendo un’ampia coalizione (sempre moderata e conservatrice).

Il regista danese Lars Von Trier, che a Cannes ha dichiarato di simpatizzare per Hitler e ammirare il suo ministro della propaganda Speer, ha parlato di ‘umorismo danese’ per giustificarsi. Se anche nel suo Paese chiunque stigmatizzerebbe dichiarazioni simili, è pur vero che per fronteggiare l’immigrazione il governo di minoranza ha sospeso il Trattato di Schengen grazie proprio all’appoggio esterno del Partito del popolo di Pia Kiaersgaard. Quest’ultimo ha più che raddoppiato i consensi (passando dal 6,8 del 2004 al 15.3 del 2009, nelle elezioni europee).

Sono solo due delle spie, accese in tutta Europa, che segnalano l’aumento del consenso per ipartiti populisti, conservatori e nazionalisti. I meccanismi ricalcano ormai modelli noti. Se il voto alle destre riflette condizioni diverse da Paese a Paese, ad accomunare tutti è l’identificazione dello stesso nemico, individuato nell’altro, nel diverso, nello straniero. Contro di esso, l’elettorato si chiude, rilanciando nazionalismo e protezionismo. Questo prende forme spesso xenofobe, e influenza l’azione di governo nell’elaborazione di misure anti-immigrati: dalla sospensione di Schengen al divieto di indossare il velo, al bando sulla costruzione di moschee e via dicendo. Dal 2009, anno delle europee, e in quasi tutte le consultazioni successive, le formazioni della destra populista hanno raggiunto e superato ildieci percento in undici Stati: Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Francia, Italia, Lituania, Norvegia, Olanda, Ungheria, Svizzera.

Partiti ultraconservatori sono recentemente entrati nelle coalizioni di governo in Belgio, nei Paesi Bassi e in Svezia. Da anni lo sono già in Svizzera e Italia. Ben note le campagne di Svp (con manifesti che effigiano minareti a forma di missile o gli immigrati come pecore nere) e Lega Nord (alle scorse regionali venne distribuito sapone per lavarsi le mani ‘dopo aver toccato un clandestino’). In Francia, l’eredità di Jean-Marie Le Pen è stata raccolta dalla figlia Marine, che alle scorse regionali ha raccolto il 12 percento.

Sebbene l’estrema destra sia presente da decenni nel panorama europeo, l’avanzata degli ultimi anni si deve, tra gli altri, a due fenomeni: lo spostamento verso posizioni più radicali da parte di formazioni ed elettori di centro-destra e l’assimilazione di politiche di sinistra, come l’attenzione agli anziani e agli indigenti e la difesa dello stato sociale. Non ultimo, il declino dei partiti socialdemocratici e il parziale fallimento del multiculturalismo e dell’integrazione: per le destre, l’immigrato clandestino, disoccupato e non integrato rappresenta un virus pericoloso nel corpo sociale europeo.

 

Luca Galassi-PeaceReporter

 

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