Se non ora quando un paese per donne?

È tempo di risentire l’urlo dell’indignazione femminile, quel “Se non ora quando?” che il 13 febbraio ha riecheggiato in centinaia di piazze italiane mobilitando un milione di persone, in nome di una cultura che renda l’Italia un paese amico delle donne. L’occasione è la due giorni senese che è partita oggi grazie alla rete delle promotrici e […]

È tempo di risentire l’urlo dell’indignazione femminile, quel “Se non ora quando?” che il 13 febbraio ha riecheggiato in centinaia di piazze italiane mobilitando un milione di persone, in nome di una cultura che renda l’Italia un paese amico delle donne. L’occasione è la due giorni senese che è partita oggi grazie alla rete delle promotrici e delle simpatizzanti del movimento rosa Snoq, e che a prescindere dall’orientamento e dall’impegno politico delle partecipanti, vuole provare ad organizzarsi e confrontarsi per contare sempre di più rispondendo concretamente allo slogan della manifestazione: “Se non ora quando un paese per donne?”.

La fotografia dell’ultimo rapporto Istat (.pdf) ci conferma che l’immagine deformata delle donne, così presente nei media e nella pubblicità, è solo l’altra faccia della diffusa resistenza a fare spazio alla libertà femminile. “Siamo il Paese che ha la più bassa occupazione femminile. Siamo al penultimo posto rispetto ai Paesi europei. Siamo il Paese che considera la maternità un rischio anziché un valore sociale per l’insieme della società. Che vede […] 800.000 donne che lasciano il lavoro alla nascita del primo figlio. Un Paese che ha scaricato sulle donne e sulla famiglia, la crisi economica e quindi ha fatto regredire tutta la società” ha detto Valeria Fedeli sindacalista e animatrice di quel comitato “Di nuovo”, promotore della manifestazione del 13 febbraio e della due giorni senese.

Ma qualcosa è cambiato da quella domenica di febbraio. “Adesso non siamo più solo noi, donne di Snoq, le promotrici di quella straordinaria e inedita
 giornata di mobilitazione nazionale, a considerare questa data uno spartiacque fondamentale dell’avvio del cambiamento nel nostro Paese – ha continuato la Fedeli – . La centralità politica delle donne nel determinare il cambiamento che stiamo vedendo nei risultati delle elezioni amministrative, nei referendum, dice molto di quanto quella giornata, con la partecipazione di donne e uomini di ogni età, condizione, cultura, e appartenenza, ha segnato per l’avvio del risorgimento civile, etico e democratico di questa fase storica dell’Italia”.

Si tratta di una “rivoluzione del buonsenso” ancor prima che una “rivoluzione al femminile”. Per questo “Visto che attorno alle parole e ai contenuti di quella giornata, si sono riconosciute quel milione di persone che rappresentato il Paese che vorremmo, questa due giorni – ha spiegato Francesca Izzo tra le prime firmatarie dell’appello Snoq – vuole ripartire da lì. Per tentare di superare la frammentazione e il limitato protagonismo che ha caratterizzato negli ultimi anni il movimento delle donne ed entrare così a pieno titolo nel dibattito pubblico orientandolo su tutto ciò che ha a che fare con gli interessi di genere, ma anche su tutto ciò che va oltre”.

Per questo a Siena, i cui numeri non lasciano dubbi sul successo e l’adesione trasversale delle iniziativa che sta ospitando in queste ore centinaia di donne “figlie” e spesso “madri” dalla mobilitazione nazionale del 13 febbraio, si discuterà del corpo delle donne o meglio sulla sua rappresentazione, di maternità e di lavoro che non c’è, con ospiti come Linda Laura Sabbadini dell’Istat e l’economista Tindara Addabbo, che forniranno i dati non certo confortanti della condizione femminile del Bel Paese. Ma non si vivrà di sola analisi. “La scommessa è arrivare a organizzare una qualche forma di rappresentanza femminile popolare e ramificata, in grado di prendere parola e di farla contare”. “Qui abbiamo la possibilità – ha sottolineato Nicoletta Dentico di Snoq – di contribuire a costruire una nuova semantica della politica”, fuori dalla logica delle cricche e delle lobby occulte. “Una rete per pesare nel discorso pubblico fuori dai partiti e dagli schieramenti, ognuna con il proprio orientamento politico possiamo fare proposte, mettere paletti, parlare di leggi che rendano l’Italia un paese per donne”.

Un obiettivo ambizioso, ma che può contare sugli oltre 230 comitati sorti sull’onda delle piazze “milionarie” e sul gran lavoro di confronto e tessitura che il comitato ha portato avanti a tutto campo con le associazioni e la società civile rosa dal 13 febbraio ad oggi, proprio in vista di questi Stati generali senesi, per fare in modo, come sottolineato da Titti Di Salvo, altra Snoq del primo minuto, che Siena “sia un momento fondativo”. “Vogliamo che questa rete resti in piedi – ha concluso la regista Cristina Comencini – e si allarghi il più possibile. Il campo non lo lasciamo, anche se ci rendiamo conto che il nostro progetto di cambiamento è molto ambizioso”.

Nel frattempo, dopo un lungo discutere e molti ostacoli anche la camera ha dato il via libera la scorsa settimana alla proposta di legge bipartisan (prime firmatarie la democratica Alessia Mosca e la pidiellina Lella Golfo) che introduce le quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e in quelle a controllo pubblico. “La quota rosa è oggi un male necessario – per la Mosca – ma determinante per sbloccare un sistema ingessato come quello italiano” e rendere più fluido l’accesso delle donne alla stanza dei bottoni.

Così, anche se è ancora presto per delle conclusioni, è innegabile che lo spirito di questa legge al pari di quello senese fa pensare che quel “basta” collettivo, urlato nelle piazze allo stato di cose esistente nel Governo del Paese, nella cultura dominante, nell’arretratezza della convivenza civile, e nelle drammatiche condizioni di lavoro e di vita di tante donne, possa essere l’inizio di un futuro differente. “Vogliamo difendere noi stesse, il nostro presente e il nostro futuro perché una cosa è chiara – dicono oggi le donne a Siena – un Paese che deprime le donne è vecchio, senza vita, senza speranza”. Allora alla domanda “Se non ora quando?”. C’è da pensare, “Adesso” a Siena!

Alessandro Graziadei
Unimondo

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *