Gloria Capuano: Charlie Chaplin e Mario Monti

Provate a immaginare l’ometto alla catena di montaggio del film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”, ai nostri tempi. La Borsa si blocca? la catena anche e l’ometto segue; la Borsa va a picco? è l’ometto che ha incrociato le braccia; la Borsa fa un balzo avanti? è l’ometto che lavora di più forsennatamente finché nel […]

Provate a immaginare l’ometto alla catena di montaggio del film di Charlie Chaplin “Tempi moderni”, ai nostri tempi. La Borsa si blocca? la catena anche e l’ometto segue; la Borsa va a picco? è l’ometto che ha incrociato le braccia; la Borsa fa un balzo avanti? è l’ometto che lavora di più forsennatamente finché nel tumultuoso su e giù della Borsa, l’ometto come impazzito si ferma poi accelera, poi rallenta poi ancora lavora a velocità incalcolabile, fino alla follia.

Così immagino quel film.

La realtà è invece un’altra: l’ometto lavora sempre allo stesso modo con il medesimo impegno e la stessa capacità, la Borsa ne prescinde totalmente, da protagonisti giocano altri. Ma giocavano e giocano tutt’ora gli umori degli informatori, a seconda delle cordate pro o contro. Contro chi? Mi pare di capire secondo certi nazionalismi contro altri nazionalismi, ma non solo, anzi, ma di questo mastodontico “anzi” ne parleremo a parte.

Come è noto i suddetti umori si trascinano una folta clientela di speculatori essa stessa trascinatrice, da questo rapido rimbalzo borsistico gli esperti sanno ricavare lauti guadagni nello spazio di attimi, investi quando i titoli sono bassi e incassi alla prima impennata. Chi è fuori dell’agone borsistico invece passa i guai suoi.

C’è di più, oggi. La Borsa sembra essere diventata una pagella dell’operato politico, se va in alto vorrebbe  dire che certe crisi stanno per essere superate, se precipita, vuol dire che un contesto politico sarebbe prossimo al fallimento. “Vorrebbe” e “sarebbe” perché pare che le cose non stiano così, ma di sicuro c’è solo una gran confusione tra i diversi traballanti e saccenti pareri.

Fin qui siamo nella “norma” ma ora c’è da chiedersi che ne è dei colossi che volteggiano come rapaci sul mondo finanziario, ignorando totalmente l’ometto alla catena di montaggio e i piccoli risparmiatori? Essi sono al settimo cielo perché accumulano grandi ricchezze nel pieno del loro diritto grazie a una evoluzione scapigliata della finanza. Colpa del capitalismo secondo alcuni, colpa di una malata superfetazione del capitalismo dovuta alla globalizzazione secondo altri.

Comunque stiano le cose sta di fatto che le realtà tradizionali, le nazioni, ivi compresi gli assemblaggi di più nazioni, vedasi l’Europa, non possono difendersi da questa dannosissima anomalia perché hanno a loro disposizione soltanto strumenti che non prevedevano la globalizzazione.

Ma allora c‘è da chiedersi “di chi è la responsabilità della gobalizzazione?

Io, dalla mentalità deformata dall’essere una giornalista di Pace, ritengo che non trattasi di responsabilità intesa come colpa ma dell’irrisolto quesito se l’umanità sia dotata della capacità di decidere il suo destino di specie.

Allora rimettiamo i pezzi nel più acconcio dei puzzle. Se nutro di questi dubbi mi si può dire come mai insisto a lavorare per un Giornalismo di Pace che di per sé vuole dire che non solo si dispone di un libero arbitrio di specie ma che si crede possibile addirittura di potersi comportare al di sopra delle condizioni imposteci dalla natura? (natura che di tutto parla meno che di pace vista l’ossessionante lunga catena alimentare per la quale ognuno è cibo per altri con al  top l’uomo in senso peggiorativo visto che è stato responsabile dell’antropofagia, non so se del tutto scomparsa).

Risposta: Io, coltivando la splendida utopia della Pace, non appartengo al presente, anche se sono costretta a viverlo perché esisto, appartengo al futuro. Ma così affermando non vuol dire che sono o che siamo (non sono davvero sola) fuori dalla gestione delle idee e delle azioni attuali. Al contrario ne partecipiamo forse a maggior titolo perché non subiamo i trascinamenti tradizionali ripetitivi di cui è tessuta la storia per i quali non è necessario pensare e scegliere, si agisce come di consueto, ad esempio il rito sempre onorato della vittima sacrificale.

L’attualità è Mario Monti. Il solito “straniero” calato a risolvere i conflitti tra gli abitanti del tanto litigioso stivale, come la storia ci insegna.

Non mi soffermo a giustificare l’appellativo di straniero salvo che a indicare la sua formazione culturale nei luoghi del maggiore potere mondiale e quindi la sua tipologia.

A questo punto non so che cosa pensa Monti del gravoso debito che ci incombe, ma da incompetente quale sono, cosa arcinota, un elemento mi convince e cioè che tale debito per sua stessa natura non è esigibile. Neppure se l’Italia mettesse ai lavori forzati tutti gli Italiani, uomini e donne adulti e bambini giovani e anziani, e li mettesse a testa in giù per far cadere dalle loro tasche fino all’ultimo spicciolo, questo debito potrebbe essere onorato. Allora il quesito si fa più interessante. Mi pare essere un quesito matematico, non più un quesito a cavallo tra il mercato, il liberismo e forse la socioeconomia.

La cosa mi stupisce perché ritrovo depositato nel lontano bagaglio delle mie acquisizioni l’idea che la matematica fosse una scienza esatta, quindi indenne per sua natura da errori. Non mi ero mai permessa, all’epoca non mi si era prospettata affatto il sospetto che viceversa anche la matematica potesse essere sì scienza esatta ma oltre certi limiti solo nei confronti di se stessa. Mi spiego: per una mentalità umana di un non matematico, un’operazione ineccepibile qual è il computo degli interessi che maturano durante  l’iter di un debito che esige di essere estinto e di fatto invece non lo consente, potrebbe dimostrare che tale operazione è errata perché sterile, inidonea al fine che si prefigge, oltre che immorale visto che questa sete di moneta inesorabilmente insaziabile riduce una massa di persone a una totale perdita del proprio io; (cioè della conoscenza e consapevolezza della propria storia individuale quindi vite come non vissute, sacrificate come ora appaiono, ai piedi dell’altare di una mera astrattezza quale può apparire l’estremismo matematico).

Conclusione, quel debito dovrebbe essere messo in discussione con pari o più urgenza della richiesta di sacrifici a chi di quel debito tra l’altro non è davvero responsabile.

Qui almeno per ora mi fermo: se quanto ho scritto ha un minimo di attendibilità non sarebbe di buon senso chiedersi se la scelta di Mario. Monti sia stata la scelta opportuna e utile in questo tragico frangente e non piuttosto di ulteriore danno?

(continua)

Gloria Capuano

Giornalista di Pace

 

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