Il miracolo di Purim AD 2012 La festa ebraica delle sorti

Chag Sameach! Mercoledì 7 marzo e giovedì 8 marzo 2012, gli Ebrei celebrano il Purim, la Festa delle sorti, in occasione della quale il numero di marzo di Pagine Ebraiche offre ai suoi lettori per il secondo anno consecutivo alcune pagine speciali dedicate all’umorismo ebraico. Uno spaccato semiserio su una realtà complessa e articolata. Storicamente […]

Chag Sameach! Mercoledì 7 marzo e giovedì 8 marzo 2012, gli Ebrei celebrano il Purim, la Festa delle sorti, in occasione della quale il numero di marzo di Pagine Ebraiche offre ai suoi lettori per il secondo anno consecutivo alcune pagine speciali dedicate all’umorismo ebraico. Uno spaccato semiserio su una realtà complessa e articolata. Storicamente il protagonista negativo della vicenda di Purim che viene ricordata è Haman, discendente di quel Amalek citato in una delle letture bibliche più note. Ciò che li accomuna, ad un’attenta lettura dei testi che ne parlano, è una visione della realtà dominata totalmente dal caso. Come i tempi di guerra nel Mediterraneo che stiamo vivendo: potrebbe accadere davvero di tutto, anche lo scoppio casuale della Terza Guerra Mondiale! A quella visione si contrappongono Mosè e Mordechai che, con il loro agire, indicano un disegno di cui ciascun essere umano, con diversa consapevolezza, è portatore. Il 13 di Adar, vigilia di Purim, si ricorda il digiuno di Ester. In base a cosa fu istituito? Nel racconto biblico Ester chiede che tutta la comunità digiuni per lei per tre giorni, in preparazione al suo incontro con il re Assuero. Sono tre giorni di digiuno e il periodo dell’anno è quello di Adar: il 13 è il giorno prescelto da Haman per la strage degli ebrei. Il rotolo di Ester spiega che una legge imperiale, una volta emessa, non poteva essere abrogata, ma poteva essere adottata una contromisura. Per cui se la legge che prescriveva di sterminare gli ebrei non poteva essere abrogata, se ne fece un’altra che consentì loro di difendersi. Il 13 di Adar si trasformò così da giorno dello sterminio programmato in un giorno di battaglia in cui i nemici degli ebrei ebbero la peggio. Gli ebrei digiunano in ricordo del digiuno di Ester ma anche e soprattutto in ricordo di un giorno cruento. Ne deriva l’insegnamento per cui le feste ebraiche non si fanno per i giorni di guerra. Purim è il giorno dopo, quello in cui “gli ebrei ebbero tregua dai loro nemici”. Come ci ricordano i rabbini, tra le norme di Purim c’è l’obbligo di ubriacarsi fino a non distinguere più tra arur Haman e barukh Mordekhai. Maledetto Haman e benedetto Mordekhai. Va subito detto che quest’obbligo di bere è interpretato in vario modo, da qualcuno in senso strettamente letterale e da altri come una minima variazione rispetto ad abitudini molto sobrie. Ma la regola non cessa di stupire, perché distinguere (o non più distinguere sotto gli effetti dell’alcool) tra Haman il cattivo e Mordekhai il buono è facile, ma dire che il cattivo deve essere maledetto e il buono benedetto, è dire comunque la stessa cosa e quindi la confusione c’è. Si aggiunga il fatto, facilmente controllabile, che persino la gematrià, il valore numerico delle due espressioni, è uguale. Forse è proprio qui il sottile inganno didattico proposto dai maestri: anche quando si pensa di aver perso il controllo della realtà le cose rimangono tali e quali. È solo il senso critico che è venuto meno. E solo una volta all’anno, con il vino di Purim, abbiamo il diritto-dovere di perdere il senso critico. Il libro di Ester è un testo che ci parla, tra le altre cose, di mogli da esibire come trofeo, da educare perché rispettino i loro mariti, e poi di una donna inizialmente usata come oggetto di piacere che a poco a poco prende coscienza di sé e si fa soggetto attivo della vicenda, fino a dare il nome allo stesso libro biblico che la racconta. Difficile davvero (siamo nella Festa della Donna, auguri!) affermare che la difesa della dignità della donna non sia un valore ebraico oggi universale. Il Libro di Ester si conclude con un capitolo di soli tre versi che ci fanno capire come, dopo una Shoah sventata, la condizione degli ebrei torna alla normalità tanto che Mordechai entra nei palazzi del potere. È la conclusione di una storia drammatica e paradigmatica, che se da un lato ribadisce come l’ebreo ha l’obbligo di agire per il bene del paese in cui si trova, dall’altro lato ci dimostra come il potere politico, quando da strumento si trasforma in modello di vita, può allontanare dalla Torah perfino un grande saggio come Mordechai. Essere ebrei è fuori moda nella Persia del 358 a.C.. L’inchino a Haman, ahonoi, è il trend cristiano del momento. E quello stesso Haman tanto amico degli ebrei, opta per lo sterminio dei suoi amici. Lo stesso Achaverosh che li aveva invitati al banchetto reale, appone il proprio sigillo perché gli ebrei si possano annientare. Mordechai ci riprova. “Purim – scrive la studentessa Rachel Silvera sul Portale dell’ebraismo italiano, il Moked – dopo i coriandoli e i bambini imbellettati a Carnevale. Oggi tocca a noi. Ma come si può riassumere questa meravigliosa festività che è in procinto di fare la sua maestosa entrata? Partecipare a feste mascherate. Il che significa per molte ragazze indossare un vestito da urlo e delle orecchie da animaletto e credere di aver risolto l’annoso problema del travestimento. Mentre per gli aspiranti artisti è il momento di poter far fruttare finalmente le ore passate a guardare alla televisione Art Attack. Un momento di riflessione. Ebbene si, tra divertimento ed euforia possiamo ritagliarci un attimo per riflessioni sui massimi sistemi. Le cose dovevano andare in un modo, sono andate in un altro. Allora giochiamo ad essere ciò che non siamo. Ma sappiamo quel che siamo? “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. Tanto per inserire in maniera fantasiosa Montale. Raccontare la storia di Purim agli amici non ebrei che ancora non la conoscono. Quel pizzico di intrigo, di situazione in mano a una donna, quel re tondo e giocondo e un po’ tontolone… Sarà un divertimento assicurato. In vino veritas. “Alziamo il bicchier, brindiamo a un futuro felice davver” (ho appena citato un cartone Disney, chiedo umilmente perdono). Festeggiare bevendo è d’obbligo, ma se nell’allegria ebbra rivelassimo i piccoli segreti inconfessabili della nostra vita? Tanto vale che ve li dica fin da ora: fino a qualche anno fa credevo che il film delle Spice Girls fosse un capolavoro cinematografico, so i nomi e i cognomi dei partecipanti della prima stagione del Grande fratello in ordine di uscita dalla casa. Con i capelli lisci cambio personalità. Ho passato buona parte dei miei dodici anni ad ascoltare Laura Pausini. Meglio smettere, i brandelli di dignità chiedono la grazia. Mangiare. Ancora qui a leggere? Sono onorata, ma probabilmente è tempo di accaparrarsi dolciumi e orecchie di Aman (che io ho sempre immaginato come Jafar, il cattivo di Aladdin). Presi dal fuoco sacro della cucina potreste anche cimentarvi nel prepararle. Tanto rassegnatevi, i chili di troppo pendono come una spada di Damocle”. Purim, quando si ragiona scherzando. Allora immaginiamo uno scenario, assurdo quanto volete, eventuale altrettanto, per puro scherzo. Immaginiamo che Al-qaida sia in realtà l’Occidente consumista, sprecone, guerrafondaio, a caccia di energia e combustibili fossili (uranio compreso), con i suoi amici dittatori sparsi in tutte le culture, islamica compresa, e in tutte le regioni della Terra. Insomma, un Occidente disposto ad abbassare le proprie difese. Una superpotenza come gli Stati Uniti d’America disposta a far crollare le sue Torri Gemelle, il suo Pentagono, cioè a farsi deliberatamente attaccare dal nemico e da chissà cos’altro in nome dell’industria bellica che deve produrre missili, droni e bombe. Quindi, anche eroi e martiri per la libertà. Un Occidente che dopo gli inchini e i salamelecchi ai vari “mostri” (compreso Hitler che fu accolto in pompa magna al Quirinale!) di turno della storia, dovrebbe sentirsi in forte imbarazzo quando scopre di aver sbagliato amicizia. Allora il quadro delle alleanze vistosamente cambia (ne sappiamo qualcosa noi Italiani che non abbiamo mai concluso una guerra mondiale con lo stesso alleato!) e si cerca e si pretende d’interpretare i difficili rapporti con il variegato mondo arabo attraverso lo schema dello scontro di civiltà e dell’odio religioso. Anche se la Sharia islamica non la possiamo accettare né cristianamente né laicamente perché illiberale ed anti-democratica, come stranamente ammesso dai giovani nordafricani sbarcati in massa a Lampedusa nel 2011. Tanto più che, proprio in Italia, i leader politici che hanno agitato questo spettro sono stati fino a qualche ora fa gli amici fidati di logori e spietati dittatori, fanno notare i nostri fratelli maggiori. Destre, centri e sinistre in Italia sono scese a patti con questi dittatori in nome degli affari e degli interessi globali delle multinazionali che oggi usano le forze armate pubbliche degli Stati per le loro guerre che dovrebbero essere “private” e non planetarie. Non aver visto il bisogno di democrazia, l’urgenza dei diritti umani, la richiesta di cambiamento mostra quanto sia miope e deleterio ragionare attraverso vecchi schemi ottocenteschi per riflettere su nuove multiformi realtà. Il rischio – dicono i maestri – è di guerreggiare con i fantasmi, se non addirittura di finire grossolanamente da una parte sbagliata: quella del tiranno piuttosto che del suo popolo. L’altra faccia della medaglia è un terzomondismo che, pur di innalzare il proprio vessillo consunto, spiega tutto con il determinismo dell’interesse e non esita a sostenere o a farsi sostenere da regimi tutt’altro che democratici (un buon esempio è quello di Chavez). Che dire poi dell’irresponsabile indifferenza che pensa al tornaconto meschino di casa propria, una casa da difendere dallo straniero neanche fosse un viscido cosmo-struzzo alieno alto quattro metri come quello, a quanto pare, osservato lo scorso 11 febbraio 2012 in provincia di Udine? Nell’accelerazione degli eventi sarebbe più che mai necessario lo sforzo di riflettere in modo nuovo e soprattutto di imparare a distinguere. Perché l’esercizio prudente e accorto della distinzione è certo uno dei fondamenti della democrazia e della lotta comune contro la violenza. Ne hanno bisogno le rive del Mediterraneo, ne ha bisogno Israele. Nella Festa di Purim si dovrebbe perdere il senso critico della realtà. Ma in questi tristi tempi di guerra come quelli odierni nel Mediterraneo, il cervello non lo possiamo spegnere assolutamente. Piovono le bombe anche sugli innocenti di Siria. E sono bombe “legali” regolarmente occidentali. Una cosa è certa: la rivoluzione liberale e democratica dei gelsomini, forse nasconde il più grande inganno dall’ultimo conflitto mondiale. Dunque, occhi aperti! Il Gran Califfato che l’Occidente sta costruendo in Nord Africa a suon di laser, missili, droni e bombe semi-intelligenti per mare, per cielo e per terra, sorgerà presto sulle ceneri dei vari Gheddafi e Bin Laden di turno. Ma di quale “risorgimento” arabo parlano gli intellettuali? Lì combattono le tribù, non le persone, nel nome di Allah il Grande. Con la benedizione giuridica, culturale e politica dell’Occidente decadente incapace di pensare in grande a una Terra di Nazioni Unite. E con tutto il quadro normativo possibile e immaginabile. Magari con la scusa di piazzare basi Nato in Nord Africa, ne inventeremo di belle. E voi pensate che Russia e Cina lo permetteranno? Potrebbe scoppiare davvero la Terza Guerra Mondiale: ripassate la lezione, gli scenari dei film “War Games”, “The Day After” e “Codice Genesi”, non sono poi così lontani. Ma stiamo evidentemente scherzando. “Rimettete il vostro destino nelle mani di Dio”, urla Mordechai al popolo davanti agli editti reali. E il miracolo avviene. Oggi sarebbe il miracolo di vedere ebrei e cristiani di sinistra, di destra e di centro uniti contro il nemico comune: Satana. Il miracolo di un’unica strategia del Popolo di Dio sulla Terra per affrontare la tragicità del momento, di ordine sempre naturale. Il miracolo di individui che si erano volutamente spogliati di ogni identità ebraica, che pregano Dio e accettano su di sé la Legge di Dio, la Torah. Il miracolo di un popolo che vedeva nell’assimilazione l’unica via di vita e di successo. E che di fronte a un’immensa prova riscopre la fede e l’orgoglio della propria identità. Il miracolo di Purim. Un evento che ha posto le basi perché 2000 anni dopo si pensi ancora che essere ebrei e cristiani sia una virtù innata. Si nasce ebrei e cristiani così come si nasce artisti. Non ci si può liberare dall’essere ebrei e dall’essere cristiani. È una qualità divina insita in ognuno di noi. Ed è quello che ci rende un vero e unico Popolo di Dio sulla Terra. Ci vediamo a Gerusalemme!

© Nicola Facciolini

Una risposta a “Il miracolo di Purim AD 2012 La festa ebraica delle sorti”

  1. Seth ha detto:

    no. si nasce liberi.

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