Confindustria L’Aquila, Pingue: non pagheremo noi gli errori di chi fa le leggi

Mi sembra doveroso riportare il pensiero comune degli Imprenditori: se una legge emanata dal Parlamento non conta nulla siamo in un Paese di ciarlatani. Ho sentito sui media nazionali interviste ed interventi: tocco con mano che l’’Italia intera non ha capito nulla perché tutti pensano che gli Aquilani non vogliamo pagare le tasse. Ma noi […]

Mi sembra doveroso riportare il pensiero comune degli Imprenditori: se una legge emanata dal Parlamento non conta nulla siamo in un Paese di ciarlatani. Ho sentito sui media nazionali interviste ed interventi: tocco con mano che l’’Italia intera non ha capito nulla perché tutti pensano che gli Aquilani non vogliamo pagare le tasse. Ma noi le stiamo pagando, e tutte, già da giugno 2010 e da gennaio di quest’’anno quelle dei mesi immediatamente successivi al sisma con un “abbuono” del 60% da restituire a rate: ora ci si viene a dire che questo “sconto”, chiamiamolo così per facilitare la lettura, deve essere restituito per intero e subito anziché in 120 rate. In barba ad una legge che già non aveva voluto trattare L’Aquila al pari delle altre aree geografiche colpite da sisma che, ancora oggi, a distanza di vent’’anni e più, godono dei benefici fiscali.

Ma dove sta la certezza del diritto (di cui dovremmo essere la Patria)? In che cosa dobbiamo credere se non nelle leggi? Un Paese senza legge è un Paese incivile, terzomondista, costretto ad affidarsi alla fatalità, alla furbizia, ai cartomanti.

Mi si chiede cosa accadrà se dovremo restituire contributi e tasse: la risposta è evidente. Le poche imprese sopravvissute al sisma chiuderanno i battenti perché una circolare che disconosce una legge scompagina la pianificazione economica e finanziaria con la quale sono stati regolati gli investimenti e la produzione industriale.

La domanda giusta da porre, invece, è la seguente: come mai un Governo passa al Parlamento, che lo approva, un provvedimento in contrasto con le norme comunitarie? Ignoranza, ignavia, conto della serva, raccolta di consenso elettorale… Adesso la situazione è grave, aperta su più fronti: avverso il Governo che dovrà farsi carico dell’errore, anziché gettarlo in collo agli onesti lavoratori, e al tavolo di Inps e Inail che hanno reso esecutiva la minaccia di infrazione paventata da Bruxelles.

In punto di diritto questi ultimi possono pure avere ragione, ma quale fosse “il diritto” doveva saperlo chi lo produce a mezzo ordinanze e leggi. Diversamente a fare le leggi in Parlamento possiamo andarci tutti, financo i nostri figli che una partita di risiko la sanno giocare. Carta vince carta perde invece si chiama gioco d’azzardo. Ed è vietato.

Qualcuno già suggerisce lo sciopero delle tasse: forse l’’illegalità potrebbe essere una risposta obbligata alla mancanza di legalità.

Fabio Spinosa Pingue
Presidente Confindustria L’’Aquila

 

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