E’ possibile ammalarsi in ospedale, il caso di Roma ci deve mettere in guardia

Mentre 107 tra medici e infermieri sono stati indagati per omicidio colposo per la morte di una donna di 48 anni, deceduta per una setticemia il 7 ottobre scorso, dopo due mesi di agonia, il mondo scientifico s’interroga e richiede massima attenzione. «Si tratta di un evento drammatico che però, purtroppo, non è così improbabile […]

Mentre 107 tra medici e infermieri sono stati indagati per omicidio colposo per la morte di una donna di 48 anni, deceduta per una setticemia il 7 ottobre scorso, dopo due mesi di agonia, il mondo scientifico s’interroga e richiede massima attenzione.

«Si tratta di un evento drammatico che però, purtroppo, non è così improbabile – spiega Ignazio Marino, Presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale – Può accadere che nei nostri ospedali si concentrino batteri potenzialmente letali, soprattutto in reparti come la terapia intensiva. E’ chiaro che il nostro sistema ospedaliero dovrebbe essere oggetto di controlli scientifici, sistematici e capillari per garantire l’incolumità di pazienti e operatori: servono dati scientifici che comprendano il numero e la tipologia di infezioni nei reparti dei nostri ospedali, un monitoraggio che in altri Paesi avviene regolarmente. E, a mio parere, la raccolta e l’analisi uniforme di questi dati dovrebbe essere affidata a una autorità indipendente dalla politica, una sorta di garante della salute».

«La conoscenza delle criticità del sistema – continua Marino – ci permetterebbe di individuare più agevolmente misure efficaci per ridurre al minimo l’incidenza di morti per infezioni nosocomiali. Insomma, è difficile chiedere a medici, infermieri e tecnici di migliorare lo standard della qualità delle cure, se non possono sapere con precisione quali sono le criticità da combattere nel loro ospedale».

«E’ la nostra esperienza nella pratica quotidiana clinica di reparto quella di confrontarci con infezioni molto gravi da curare che possono insorgere in ospedale – sottolinea Orlando Armignacco Presidente Simit Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – Concordiamo appieno con la valutazione del Sen. Ignazio Marino. Bisogna operare in tutti i modi affinché non si ripetano simili episodi, tuttavia una degenza così prolungata e le condizioni generali del paziente condizionano la comparsa di infezioni gravi e di germi resistenti che circolano in ospedale».

Si è discusso e dibattuto di questo anche nell’XI Congresso della SIMIT, conclusosi oggi a Pescara davanti a mille specialisti provenienti da tutt’Italia. «Questo caso non sorprende», dichiara il Prof. MassimoAndreoni, docente a Tor Vergata e prossimo presidente eletto SIMIT«Questi incidenti sono molto frequentiil lungo ricovero in ospedale, in questo caso più due mesi, una patologia sottostante che riduce le capacità di difese dell’organismo e una lunga terapia antibiotica sono tutte condizioni che espongono il paziente alla possibilità un’infezione. In particolare per alcuni reparti la probabilità è ancora più alta: si tratta di germi ormai diventati resistenti alla maggior parte dei farmaci che noi utilizziamo. Sono indispensabili strategie che mirino alla valutazione della circolazione di germi in ospedale al fine di demonizzare la loro presenza. La possibilità che un paziente muoia per un germe multiresistente è frequente in qualsiasi ospedale, in Italia e nel Mondo».


 

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