Il Telescopio Spaziale Nucleare NuStar immortala il Mostro affamato della nostra Galassia la Via Lattea

Bingo, NuStar! Il nuovo Telescopio Spaziale Spettroscopico Nucleare NuStar della Nasa, ha per la prima volta immortalato, con immagini X ad altissima risoluzione, il gigantesco buco nero centrale galattico dotato di una massa pari a quattro milioni di stelle simili al nostro Sole. NuStar ha puntato i suoi due occhi X nel nucleo della Via […]

Bingo, NuStar! Il nuovo Telescopio Spaziale Spettroscopico Nucleare NuStar della Nasa, ha per la prima volta immortalato, con immagini X ad altissima risoluzione, il gigantesco buco nero centrale galattico dotato di una massa pari a quattro milioni di stelle simili al nostro Sole. NuStar ha puntato i suoi due occhi X nel nucleo della Via Lattea, la nostra Galassia. È l’immagine più dettagliata di sempre del cuore del nostro sistema stellare galattico. Dopo le storiche osservazioni del telescopio orbitale Chandra, le prime foto di NuStar mostrano non solo la tipica configurazione spaziale del mostro gravitazionale, circondato da stelle in apparente moto caotico, ma anche il periodico flash termonucleare prodotto dalla materia che, letteralmente fatta a pezzi, vi finisce dentro. Gli astronomi sono riusciti a catturare la luce X del cosiddetto “outburst” galattico. I nuovi preziosi dati di NuStar aiuteranno gli scienziati a comprendere che cosa “bolle” nel cuore del nostro sistema stellar. Il mostro è in apparente “digiuno” da milioni di anni perché, a quanto pare, il nucleo della Via Lattea è povero di gas e polveri utilizzati altrove per fabbricare stelle, pianeti, comete e forme di vita. Tuttavia, il fatto che emetta periodicamente “flare” X, prova che, prima di tornare in letargo come gli orsi, preferisce fare uno spuntino sostanzioso con qualunque cosa gli capiti attorno (www.nasa.gov/nustar). La regione nucleare della nostra Galassia, chiamata dagli astronomi Sagittarius A* (ossia Sagittarius A-stella, abbreviata in Sgr A*) è una potente sorgente radio compatta sotto osservazione da anni grazie ai telescopi terrestri e spaziali. Le immagini infrarosse, radio e X, sono eloquenti. Il settore è relativamente tranquillo perché il mostro non è così attivo come sembra. Di solito i grossi buchi neri centrali sono iper-attivi e fanno piazza pulita di tutto, alimentandosi e ingrassando. Quanto osservato in Sgr A* è il più grande mistero. Di solito, quando i buchi neri consumano stelle, gas, polveri, pianeti, asteroidi e comete, come suggeriscono le recenti osservazioni del Telescopio Spaziale Chandra, emettono una sorgente di energia “extra”. NuStar, lo stato dell’arte tra i telescopi X esistenti, ha osservato lo scorso luglio, per due giorni, un picco di raggi X emessi dal mostro galattico mentre fagocitava materia “riscaldata” alla temperatura di 100 milioni di gradi Celsius ed accelerata a velocità prossime a quelle della luce durante la caduta nell’enorme pozzo gravitazionale dal quale nulla può uscire. Neppure la luce. Almeno non nella stessa forma in cui vi è entrata. I dati di NuStar, combinati con le osservazioni effettuate ad altre lunghezze d’onda, aiuteranno a capire la fisica dell’alimentazione dei buchi neri galattici e stellari. Si sapeva che questi mostri oscuri, che non sono in realtà “buchi” nello spazio ma regioni dall’altissimo campo gravitazionale, sia a livello stellare sia galattico quando si nutrono non sono poi così “neri” perché emettono una copiosa quantità di particelle e raggi energetici facilmente rilevabili. Le osservazioni di NuStar, il primo telescopio con una sensibilità sufficiente a rivelare le tracce della cannibalizzazione in atto in questi mostri gravitazionali, lo provano. È evidente ciò che il geniale fisico Stephen Hawking intendeva dire quando scriveva e parlava di “buchi neri non così neri”. Il mostro supermassivo al centro della nostra Galassia è vivo e vegeto. Ma è il più piccolo della categoria tra i colleghi presenti in tutte le galassie conosciute. Le immagini riprese dalla NuStar, frutto di una sovrapposizione tra luce visibile e raggi X, mostrano energie comprese tra i 3 e i 30 keV. La porzione infrarossa della regione centrale della Via Lattea, è stata ripresa dallo Spitzer Space Telescope della Nasa. I due occhi della NuStar consentono di focalizzare la luce X in maniera sorprendente. Le prime osservazioni del 28 giugno 2012 sono state dedicate all’affamato buco nero stellare “Cygnus X-1”, distante seimila anni luce, nella costellazione del Cigno. È iniziata poi una campagna internazionale per accoppiare le osservazioni del quasar 3C 273, ottenute dalla NuStar, a quelle fornite dagli osservatori Chandra, Swift, Integral, Suzaku e XMM-Newton. Il quasar 3C 273 è una potentissima sorgente di energia distante 2,4 miliardi di anni luce dalla Terra. È stato il primo quasar della storia ad essere identificato grazie alla sua spettacolare luminosità. Sono state anche ottenute immagini senza precedenti di “G21.5-0.9”, le ceneri di una supernova esplosa migliaia di anni fa nella Via Lattea. Grazie a queste calibrazioni la NuStar potrà identificare in largo anticipo qualsiasi oggetto esotico si presenti nella nostra più immediata periferia interstellare. Pezzi di materia degenere nucleare, frammenti di stelle di neutroni e nane bianche,  buchi neri e materia oscura. L’Astronomia X sta vivendo un’epoca d’oro. Go NuStar! Ha inizio la nuova era dell’esplorazione nucleare dello spazio cosmico, per illuminare e focalizzare le energie più estreme dell’Universo e svelare la reale natura del “reame” più significativo della materia e dell’energia oscure e dei fenomeni più violenti che si conoscano. Vola la NuStar, degna del kolossal Avatar di James Cameron. Stavolta gli scienziati della Nasa e della Orbital Sciences Corporation hanno concepito e realizzato un nuovo rivoluzionario Telescopio Spaziale di Spettroscopia Nucleare (Nuclear Spectroscopic Telescope Array, NuSTAR) dotato di occhi sensibilissimi ai raggi X per dare la caccia a buchi neri, agli astri più densi del Creato, alle supernovae, alle stelle di neutroni, ai quasar, ai gas ed alle polveri degli esomondi alieni. Tutto questo grazie alla liberalizzazione dell’impresa spaziale privata negli Stati Uniti d’America, grazie al lavoro di ingegneri e ricercatori della Orbital Sciences Corporation. La navicella NuStar è stata messa in orbita Mercoledì 13 giugno 2012, gelosamente custodita (1,2×2,2 metri, 350 Kg) nella pacifica ogiva del 41esimo missile Orbital Sciences Pegasus XL, a sua volta agganciato alla pancia dell’aereo L-1011 “Stargazer” (in onore del capitano Jean Luc Picard della nave interstellare Enterprise, nella spettacolare serie “Star Trek Next Generation”) decollato dall’atollo corallino Kwajalein, nelle Isole Marshall dell’Oceano Pacifico centrale. La NuStar prosegue una gloriosa tradizione scientifica internazionale consolidata negli ultimi 60 anni di Astronomia X nello spazio, grazie a grandi scienziati italiani. A cominciare da Uhuru, il primo satellite X messo in orbita nel dicembre 1970, e dall’osservatorio spaziale Einstein, meglio conosciuto come HEAO-2, lanciato nel novembre 1978 grazie al lavoro geniale dell’astrofisico italo-americano Riccardo Giacconi, Premio Nobel per la Fisica del 2002 “per i contributi pioneristici nell’astrofisica nucleare, che hanno permesso di scoprire le sorgenti cosmiche X”. La NuStar, dal costo di 180 milioni di dollari (165 quelli inizialmente stanziati) è il principale progetto astrofisico nucleare della Nasa anche perché avrà vita operativa assai lunga. Teoricamente di almeno 25 anni (+5). L’infrastruttura a sandwich della NuStar ricorda quella di una nave interstellare. In orbita ha le dimensioni di uno scuola-bus (1,2×10,9 metri) alimentato dai 729 watt dei suoi pannelli solari e da due batterie al litio capaci di erogare 48 amp/ora. Con le sue due unità ottiche telescopiche, è in grado di catturare la luce X, di energia compresa tra i 5 e gli 80 kiloelettronVolt, proveniente dagli abissi del Cosmo e dalla nostra periferia interstellare, alla ricerca delle stelle nere, meglio note come buchi neri (cf. Stephen Hawking). Si apre una finestra sul reame energetico più importante e significativo per svelare i segreti della Supermateria. Per la messa in orbita della NuStar, fino alla quota di 550 Km dalla Terra, il potente missile Pegasus XL è stato sganciato a 12mila metri dall’aereo “Stargazer” 120 miglia a sud dell’atollo Kwajalein, per consentire al vettore di sfruttare i benefici energetici del lancio equatoriale con un significativo risparmio economico rispetto ai tradizionali vettori. La partenza della missione era in programma dallo scorso marzo. Una serie di rinvii, per il miglioramento del software del Pegasus, ne ha ottimizzato i parametri di sicurezza. La NuStar è il primo vero osservatorio astrofisico spaziale totalmente dedicato all’indagine spettroscopica nucleare X per lo studio dei fenomeni e dei processi più energetici e caldi dello spazio profondo, come l’esplosione di stelle massicce. Se ci sono astronavi aliene lassù, prima o poi le scopriremo grazie alle loro emissioni X. La NuStar esaminerà gli oggetti astrofisici con un livello di luminosità senza precedenti, 100 volte superiore a quella ottenibile dagli attuali telescopi orbitali X. Si apre una nuova rivoluzionaria finestra sull’Universo più ignoto. Una missione concepita sulla base della Teoria della Relatività di Albert Einstein. Gli scienziati si lasciano aperte tutte le porte, compresa quella della scoperta di fenomeni del tutto sconosciuti che, come sempre, giungono dal totalmente inatteso. La Natura aborre il vuoto. Cosa c’è dentro la singolarità di una stella nera? Come si trasforma la materia che vi finisce dentro “spaghettizzata alla chitarra”? Dalla NuStar sorgeranno spontanee tantissime questioni scientifiche e filosofiche che gli scienziati finora non hanno osato neppure formulare, preferendo lasciarle al dominio della fantascienza. Gli astrofisici, ad esempio, osservano le incredibili accelerazioni cui è soggetta la materia, fin quasi alla velocità della luce (senza superarla, sia chiaro!) in particolari ambienti come i poli delle stelle di neutroni, dei quasar e dei buchi neri. Ma anche nelle supernovae. Cosa genera questi processi così violenti che un giorno potremo sfruttare e replicare nei motori interstellari delle nostre astronavi? Che genere di Supermateria fuoriesce da queste stelle ultradense? Sappiamo che la luce, in presenza di una gravità molto forte, come “previsto” da Einstein e Hawking, subisce una distorsione o meglio “disegna” la struttura dello spaziotempo plasmato dalla gravità. Dallo studio X degli atomi che attraversano queste regioni estreme, gli scienziati possono visualizzare e tracciare il cammino della materia che precipita nel pozzo gravitazionale dei buchi neri e nelle stelle più dense, per osservarne gli effetti prodotti dall’intesa gravità. La materia infatti si trasforma e degenera. Quali sono le sue nuove proprietà? La navicella NuStar dovrà decifrare questi intriganti fenomeni in atto anche nelle nostre più immediate vicinanze interstellari, analizzando la luce delle supernovae (compresa la SN1987A), i jets di materia ultradensa espulsi dalle stelle morenti e i processi di “dimagrimento” di astri normali come il nostro Sole che possono vomitare improvvisamente enormi quantità di massa e radiazioni sotto forma di Megaflares, distruggendo tutto quello che li circonda. La missione NuStar nasce da una collaborazione tra la Nasa, il Caltech e il Jet Propulsion Laboratory. Appena 15 anni fa gli scienziati credevano che i buchi neri fossero stelle assai rare nel Cosmo ma sono stati smentiti dalla Natura: ce ne sono milioni solo nella nostra Galassia. Conosciamo assai poco i processi violenti del nostro Sole che certamente gode di ottima salute termonucleare come i rivelano i neutrini studiati nelle viscere del Gran Sasso dagli scienziati del famoso Laboratorio Infn. Ma i processi fisici del Sole non sono tutti completamente noti. La NuStar studierà la corona solare: le osservazioni avranno inizio un mese dopo il lancio. Si sta già aprendo, come per magia, il “portale” gravitazionale della Via Lattea, illuminando a giorno Sagittarius A*, il grosso buco nero posizionato al centro della nostra Galassia. Sulla “linea” di fuoco della NuStar, potremo scoprire altri oggetti e fenomeni sorprendenti, compresi i nuovi esopianeti alieni privi di stelle (i vagabondi intergalattici) finora sconosciuti perché invisibili. Le osservazioni saranno calibrate e coordinate con i telescopi spaziali orbitali Hubble, Chandra, XMM-Newton, Suzaku, Fermi, Spitzer e tanti altri per ficcanasare negli ambienti più riservati dei nuclei galattici. Magari per dare inizio alle previsioni del tempo intergalattiche! Un’occhiata a ciò che resta della supernova SN1987A consentirà agli scienziati di decifrarne i segreti: sappiamo che una stella massiccia vi è esplosa nel 1987, secondo il nostro punto di vista terrestre. Dal collasso gravitazionale si sarebbe dovuto generare un buco nero, magari espulso a gran velocità. Invece, nulla. Finora non è stato osservato niente del genere al centro dell’esplosione stellare avvenuta decine di migliaia di anni fa. La NuStar misurerà la radioattività emessa dalle polveri e dai gas di quelle lontane regioni per cercare di capire cos’è successo al nucleo stellare della SN1987A. Il lancio della NuStar nello spazio è stato reso possibile dal vettore Pegasus XL della Orbital Sciences. L’assemblaggio finale e l’integrazione dei sistemi è stata completata nella base aerea di Vandenberg (California) poco prima del trasporto nel poligono militare “Reagan” dell’U.S. Army nelle Isole Marshall, a metà strada tra le Hawaii e l’Australia. Pilotato da Bill Weaver, l’aereo “Stargazer” L-1011, con il Pegasus e il NuStar a bordo, ha spiccato il volo un’ora prima del lancio orbitale. Alla velocità di 0.82 Mach, è stato il co-pilota Ebb Harris a schiacciare il pulsante di lancio del Pegasus per 5 secondi in caduta libera. A quel punto i comandi sono passati ai computer. Raggiunta la distanza di sicurezza di 300 piedi sotto l’aereo, i motori Orion 50S XL del primo stadio hanno impresso al Pegasus per un minuto e 17 secondi la spinta di 726mila Newton necessari per portarlo (lunghezza 16,9 metri; diametro 1,3 metri; apertura alare di 6,7 metri; peso 23.269 Kg) a 34 miglia di quota. Esaurito il propellente solido, abbiamo assistito alla separazione del primo stadio (ali comprese del Pegasus) a un minuto e 31 secondi, che è ricaduto sul Pacifico. A quel punto è stata la volta del secondo stadio Orion 50 XL che ha impresso la spinta di 196mila Newton per un minuto e 32 secondi. Durante il volo supersonico, a due minuti e 8 secondi, il Pegagus si è liberato dell’ogiva protettiva del NuStar a quota 72 miglia. Esaurito il combustibile, a due minuti e 45 secondi e 112 miglia di altitudine, si è attivato il terzo stadio Orion 38 con una spinta di 36mila Newton. Fino a nove minuti e 6 secondi. La NuStar ha così raggiunto la quota orbitale equatoriale di 373 miglia sopra la Terra, 10 minuti e 14 secondi dopo il lancio del Pegasus, per poi sganciarsi definitivamente dal vettore, a sud delle Hawaii, nel tempo di volo di 13 minuti e 14 secondi. La navicella NuStar, stabilizzata in orbita, ha dispiegato i suoi pannelli solari ma non è stata subito operativa. L’orbita equatoriale è particolarmente importante per la NuStar per minimizzare l’esposizione dell’osservatorio nucleare agli effetti dell’Anomalia del Sud Atlantico: la regione spaziale centrata sopra l’Oceano Atlantico meridionale dove la Terra incontra l’estrema propaggine interna delle Fasce di Van Allen. I satelliti alla quota di poche centinaia di miglia o chilometri, nelle orbite inclinate rispetto all’Equatore, sperimentano l’intesa doccia radioattiva di particelle durante il passaggio nell’Anomalia del Sud Atlantico, particolarmente problematica per i telescopi spaziali X a causa dell’alto livello di radiazioni prodotte in quell’area. Gli scienziati della NuStar ne sono consapevoli e cercano di ovviare all’occhio “cieco” X per la Terra, sottraendo quei segnali spuri generati durante il passaggio. La messa in orbita è delicatissima. Per scongiurare ogni possibile collisione con la navicella, il terzo stadio è dotato di un’intelligenza artificiale in grado di far effettuare al Pegasus una serie di manovre elusive di 90 gradi (“stop and go”) ogni 5 minuti, degne di Star Trek e della famosa Squadriglia Nova. A cominciare dai tre secondi successivi alla separazione dalla NuStar, se necessario fino all’esaurimento del propellente e sempre garantendo la disintegrazione finale in atmosfera del Pegasus. Nei 23 giorni successivi tutti i sistemi della NuStar sono stati attivati e calibrati. Il dispiegamento finale degli strumenti, con la separazione delle due unità ottiche dai rispettivi sensori X, è stato comandato da terra ed effettuato in 25 minuti. Daniel Stern, scienziato della NuStar, dal JPL non nasconde la forte emozione suscitata dalla storica missione astrofisica nucleare spaziale. “Finora tutto è filato liscio come l’olio, non c’è ragione per temere nulla”. La NuStar dimostra che, in regime di libertà scientifica e tecnologica, entro precisi limiti di bilancio, è possibile inventare, costruire e lanciare nello spazio, in nome della scienza e dell’umanità, qualsiasi esperimento, osservatorio, navetta e stazione orbitale. Gli altri telescopi spaziali a raggi X furono lanciati a costi decisamente superiori. Il Chandra, ad esempio, da uno Space Shuttle. La NuStar è la prima missione spettroscopica nucleare più economica di sempre, al servizio della comunità astronomica mondiale. L’esplorazione dell’Universo profondo con la NuStar promette immagini magnifiche di una limpidezza X estrema. Tutte tecnologie che potranno essere riversate nella medicina nucleare, magari per inventare esami diagnostici sicuri e non invasivi, degni della spettacolare Tac multispettrale istantanea di Star Trek, Alien e dei “centri di guarigione” dei nuovi Visitors! Studiare la radioattività extraterrestre, sarà uno degli obiettivi più affascinanti della NuStar. Sappiamo dell’esistenza di pianeti oscuri vagabondi, privi di stella, che orbitano nella Galassia e tra le galassie, dopo essere stati espulsi dai loro sistemi solari, e che potrebbero un giorno piombarci improvvisamente addosso. Con la spettroscopia nucleare di telescopi spaziali come NuStar potremo scoprirli in largo anticipo per studiare il da farsi. Anche se sarà molto improbabile fuggire dalla Terra-Titanic, per l’assoluta mancanza di navette di salvataggio! Che la liberalizzazione dell’impresa spaziale privata potrebbe far costruire con una pacifica “iniezione” ricostituente “da cavallo”, di fiducia e credito, per l’economia mondiale! La NuStar è frutto di una collaborazione scientifica e tecnologica tra il California Institute of Technology, il Jet Propulsion Laboratory della Nasa di Pasadena e il Science Mission Directorate della Nasa di Washington. La navicella NuStar è stata costruita dalla Orbital Sciences Corporation di Dulles in Virginia (Usa). I suoi strumenti e sensori sono stati realizzati da un consorzio costituito da diverse Istituzioni: il Caltech, il JPL, la University of California di Berkeley, la Columbia University di New York, il Nasa’s Goddard Space Flight Center di Greenbelt (Md), la Danish Technical University della Danimarca, il Lawrence Livermore National Laboratory di Livermore (Calif.), l’ATK Aerospace Systems di Goleta (Calif). Il centro di missione della NuStar è operativo nell’Università di Berkeley in collaborazione con la Italian Space Agency (Asi) per l’assistenza fornita dalla stazione di Malindi in Kenya, e la Sonoma State University di Rohnert Park (Calif.). Il lancio pubblico della NuStar era sotto la direzione e la responsabilità del Kennedy Space Center della Nasa in Florida. L’Universo è pieno di forme di vita, di luce e di colori, compresi quelli invisibili all’occhio umano. L’arcobaleno ci offre un’idea dello spettro elettromagnetico di luce e di radiazione: dalle onde radio passando per quelle luminose fino ai più energetici raggi gamma. I colori dell’arcobaleno sono pochi rispetto a tutte le altre manifestazioni energetiche della Natura. La NuStar consentirà agli scienziati di sondare i raggi X finora inesplorati ad una risoluzione senza precedenti, perché saranno focalizzati nei due piani focali dei telescopi della navicella. Questi raggi X sulla NuStar hanno la stessa energia di quelli emessi dai nostri medici dentisti ma, a differenza dei raggi artificiali che servono per curare i denti, quelli naturali sono depositari di informazioni preziosissime per il futuro del genere umano sulla Terra ed altrove. La risoluzione della NuStar, in assoluto 10 volte migliore di quella dei telescopi X orbitali, permetterà di comprendere meglio come si formano le galassie e come evolvono, osservando i processi più caldi, più densi e più energetici dell’Universo conosciuto. Tutte le immagini acquisite verranno sovrapposte (non è una stregoneria!) a quelle ottenute dagli altri telescopi orbitali per ottenere la visione reale del Cosmo in 4D. La NuStar ci farà dono degli altri colori dell’Universo, fornendo le “basi” per la comprensione della “tecnica” di Creazione adottata per realizzare questo grandioso affresco cosmico nel quale viviamo. Diversamente dalla luce visibile agli occhi umani, i raggi X possono essere catturati e riflessi in modo diverso dagli speciali “specchi” dei due telescopi montati sulla NuStar. Cioè, solo da precisi angoli di incidenza. Ragion per cui gli “specchi” X richiedono una precisione assoluta nella loro lavorazione affinché possano essere catturati quelli paralleli alla loro direzione di provenienza. Le superfici dei due strumenti, poiché un singolo specchio sarebbe inutile per osservare la luce X, sono state precisamente concepite per intercettare tutto il flusso X, due volte. Per questo motivo gli scienziati hanno costruito una serie di delicatissimi “specchi” sottili, paralleli al flusso X, in grado di assorbirne il più possibile. Per lavorare al massimo, la NuStar dispone di due batterie ottiche di 133 “gusci” riflettori opportunamente distanziati, con grande separazione angolare, quella per intenderci che consente ai binocoli ed ai bino-scopi migliori di “aumentare” il potere risolutivo dell’immagine ottica finale che si forma nel cervello. I due telescopi della NuStar agiscono come due grandi occhi in grado di intercettare e concentrare i rispettivi flussi X che poi vengono ricombinati, dieci metri più in là (tale è la distanza tra le ottiche e i sensori) per ottenere l’immagine desiderata. Il dispiegamento finale della NuStar è stato effettuato sette giorni dopo il raggiungimento dell’orbita equatoriale. Le innovazioni della NuStar faranno scuola per la messa in orbita e sulla Luna delle prossime batterie di telescopi ottici e radio giganti, in grado di osservare per davvero le città degli Extraterresti sugli esomondi più vicini alla Terra. Per ora gli obiettivi scientifici della NuStar sono di natura astrofisica: sotto indagine infatti finiranno i resti delle immani esplosioni stellari più vicine. Dall’invenzione del telescopio di Galileo Galilei nel 1609, gli astronomi usano specchi e lenti per concentrare la luce e studiare lo spazio profondo. I raggi X hanno una lunghezza d’onda delle dimensioni di un atomo, ossia 10mila volte più piccoli della luce visibile. Ma i raggi X possono interagire con la materia, per uso astronomico, solo con un particolare angolo di riflessione rispetto alla luce colorata. Questa particolare “geometria a riflessione X” fu inventata da Hans Wolter nel 1952, sfruttando il fatto che gli X possono essere riflessi quando colpiscono superfici molto piccole. Anche Superman usa i raggi X per vedere attraverso la materia e per proteggere l’umanità. Ma gli scienziati, a differenza dei supereroi, non combattono pericolosi criminali terrestri ed alieni ostili. Combattono semmai l’Hiroshima culturale, comunicando liberamente le loro scoperte, senza più segreti. I raggi X, più piccoli dei fotoni, possono penetrare alcuni materiali. E succede regolarmente nell’Universo attraversano le colossali nubi di gas e polveri intergalattiche. Dunque, si possono “addomesticare” per aumentare le nostre capacità visive. È quello che fanno gli scienziati della NuStar, infrangendo il muro di oscurità e di oblio apparenti della luce colorata e schermata dalle polveri e dai gas interstellari. Se fossimo dotati della vista di Superman ai raggi X, l’Universo ci apparirebbe molto diverso ma vivremmo decisamente su un mondo alieno senza la nostra atmosfera! I raggi X infatti non possono penetrarla. Per questo motivo noi terrestri andiamo nello spazio. Gli oggetti astrofisici più caldi emettono moltissimi raggi X alle più alte energie. I nostri corpi, alla temperatura di 37 gradi Celsius, cioè di centinaia di gradi Kelvin, emettono una luce infrarossa che non può essere percepita dai nostri occhi. La superficie termonucleare del Sole “brucia” a 6mila gradi Kelvin, emettendo prevalentemente luce visibile e calore. I buchi neri, i resti di supernova e tutti gli altri oggetti più energetici, hanno temperature dell’ordine dei milioni di gradi Kelvin e brillano di raggi X. La NuStar, a differenza degli altri telescopi orbitali, osserverà direttamente per la prima volta gli X di più alta energia, superando il Chandra della Nasa, capace di vedere solo quelli di energia compresa tra 0,1 e 10 keV. Ma se la luce visibile può riflettersi in qualsiasi direzione incidendo uno specchio, gli X verrebbero semplicemente assorbiti. Così gli scienziati hanno inventato gli “specchi conici” capaci di catturare gli X provenienti da entrambe le sezioni incidenti per concentrarli sul piano focale interno. Le due riflessioni X perfezionano le informazioni in esse contenute, limitando le distorsioni. Gli specchi multipli conici dei telescopi X, come quelli sulla navicella NuStar, vengono anche definiti “gusci”. Ciascuna superficie posta a un diverso angolo di incidenza del flusso X da esaminare, focalizza un diverso pacchetto di informazioni sullo stesso piano focale. Ma rispetto ai telescopi più tradizionali come il Chandra, l’innovazione introdotta sulla NuStar è epocale grazie all’estensione di queste ottiche alle più alte energie con angoli di incidenza sempre più piccoli e sezioni d’urto ancora più sottili e più numerose. A tal punto da non bloccare la luce visibile! Se lo specchio X del telescopio spaziale Chandra a quattro “gusci” era spesso 2-3 cm, i 133 “gusci” sulla NuStar hanno richiesto fogli d’incidenza sottili appena 0,02 centimetri! Non solo. Alle ottiche sono stati applicati speciali “trattamenti” per potenziarne le capacità X riflettenti: centinaia di pellicole sottilissime vi sono state depositate alternandosi a spazi vuoti e materiali ultradensi come il platino, il carbonio, il tungsteno e il silicio, a cura del Danish Technical University Space Centre. Ogni pellicola è spessa pochi atomi! Le superfici curve delle ottiche X sono state lavorate al Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt. Flessibili e sottili come quelle utilizzate negli schermi dei computer e dei cellulari più sofisticati, hanno dovuto sopportare temperature di 593 gradi Celsius. Ne sono state create più di 9mila sezioni per ogni singolo specchio della NuStar. La complessa fase di assemblaggio finale degli specchi al Columbia University’s Nevis Laboratory di New York, ha richiesto l’applicazione di grafite su ogni singola superficie. Per la “prima luce”, con la calibrazione e il corretto allineamento delle ottiche, la NuStar ha puntato gli oggetti più luminosi in assoluto: il brillante Quasar 3C273 e la Nebulosa Granchio. L’attività scientifica vera e propria è iniziata trenta giorni dopo il lancio. Tutti gli scienziati possono proporre i loro progetti di osservazione. Nei numerosi anni di missione la NuStar riserverà le scoperte più inimmaginabili e sorprendenti alla comunità scientifica internazionale. La NuStar cambierà sicuramente il modo in cui gli astronomi, gli astrofisici e le persone comuni potranno osservare la vera faccia X dell’Universo. Le immagini più belle saranno le sue. I cinque obiettivi fondamentali nei primi due anni di missione sono: la localizzazione dei buchi neri supermassicci, dei resti di stelle collassate, la storica mappatura di tutte le supernovae conosciute, l’osservazione delle sorgenti gamma di alta energia e delle supernovae più vicine. Ne gioverà la Protezione Civile Planetaria: i nuovi telescopi spaziali di spettroscopia nucleare come il Nuclear Spectroscopic Telescope Array (NuStar) ci salveranno, infatti, da eventuali futuri impatti di pianeti vagabondi oscuri. Una vicenda immortalata nella pellicola cinematografica “Quando i mondi si scontrano”(When Worlds Collide), il celebre film di fantascienza catastrofico del 1951, diretto da Rudolph Maté, basato sul romanzo omonimo del 1933, scritto da Philip G. Wylie e Edwin Balmer. NuStar, buona caccia!

Nicola Facciolini

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