In Italia sempre più ultraottantenni, ma la politica non ne parla

Il Network non autosufficienza (Nna) pone anche alcune domande sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia e prova a dare delle risposte. Lo fa mentre presenta a Roma un appello con idee, dati, e proposte perché il Governo costruisca un progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani in Italia. Alcuni di questi quesiti provano a […]

Il Network non autosufficienza (Nna) pone anche alcune domande sull’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia e prova a dare delle risposte. Lo fa mentre presenta a Roma un appello con idee, dati, e proposte perché il Governo costruisca un progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani in Italia.
Alcuni di questi quesiti provano a rispondere a situazioni annose del nostro paese. Del tipo: perchè la politica dimentica gli anziani non autosufficienti? Non certo per i numeri, secondo il Nna. “Gli ultra-ottantenni, i principali utenti dell’assistenza – ricorda infatti il network non autosufficienza-, sono da tempo in costante crescita: da 1.8 milioni nel 1990 (3% della popolazione) a 3.5 milioni nel 2010 (6%) e agli attesi 4.5 milioni del 2020 (7,5%). La politica non ne parla perché asseconda un sentimento di rimozione collettiva, che riguarda tutti coloro i quali non siano – in qualche modo – coinvolti nella realtà degli anziani non autosufficienti. La ragione è semplice: nessuno di noi ama pensare che potrebbe esserne, un giorno, toccato né immaginarsi ad esempio come un 85enne con l’Alzheimer”.
La politica non ne parla, nondimeno, “perché nel nostro paese i Governi hanno tradizionalmente una ridotta capacità di decidere in autonomia e sono assai soggetti all’influenza di lobbies e corporazioni di vario genere – si precisa -. Non esistono, però, incisivi gruppi di pressione a favore degli anziani non autosufficienti”.

Assistenza e competenze. Il Network non autosufficienza si chiede: perché fare riferimento al Governo nazionale, se i servizi per gli anziani competono a Regioni e Comuni?
”Perché lo Stato – si spiega – può svolgere un ruolo decisivo per la promozione dell’assistenza agli anziani, attraverso una riforma nazionale che metta il welfare locale in condizione di operare adeguatamente. Riforme di questo tipo, negli ultimi 20 anni, sono state compiute in gran parte dei paesi europei (a partire da Francia e Germania, sino allo Spagna). In Italia l’ipotesi di una riforma è stata discussa durante gran parte della Seconda Repubblica (in particolare tra il 1997 e il 2008) senza mai venire realizzata. Tra i paesi dell’Europa centro-meridionale, quelli più simili al nostro, solo due non hanno introdotto una riforma nazionale: Italia e Grecia”.

Servizi penalizzati. Il network si interroga poi sul perché le recenti scelte dello Stato in materia di finanza pubblica hanno penalizzato particolarmente i servizi per gli anziani non autosufficienti. La risposta è che “la responsabilità di questi servizi è suddivisa tra le politiche sociali (Ministero del Welfare) e la sanità. Il precedente Esecutivo – si ricorda – ha ridotto del 92% i fondi dello Stato dedicati alle politiche sociali, delle quali gli anziani costituiscono il più ampio gruppo di utenti. I finanziamenti sono in discesa da 2.526 milioni di euro annui (2008) a 200 (2013). Tra le diverse linee di finanziamento per il sociale ne esisteva una interamente dedicata alla non autosufficienza (il fondo nazionale per la non autosufficienza, 400 milioni nel 2010), che non esiste più”.
Per quanto riguarda la salute, invece, la preoccupazione per le scelte nazionali riguarda il futuro prossimo venturo. “L’atto fondamentale dello Stato per determinare finanziamenti e interventi in sanità è il Patto per la Salute, che ha valore triennale si ricorda -. Il Patto per la Salute 2013-2015 deve essere approvato in autunno: la bozza esistente non contiene obiettivi a favore della non autosufficienza, si concentra sul mondo ospedaliero e si dimentica di questo settore”.

Primi segnali di declino. Il Network non autosufficienza: “In numerosi territori già si rilevano diversi sintomi dell’inizio del declino, la cui presenza, se non s’interverrà, è destinata a diffondersi. Essi riguardano: l’impossibilità per le famiglie di trovare le informazioni e consigli che richiedono, l’abbassamento della qualità, il peggioramento delle condizioni di lavoro, la non autosufficienza come causa di disuguaglianza”.
“Si tende sovente a ritenere – continua – che il rischio di declino costituirebbe un problema principalmente per il Meridione, dove il sistema dei servizi risulta più fragile e, dunque, più facilmente danneggiabile. In realtà non è così, e non solo perché le Regioni meridionali possono beneficiare di fondi europei destinatiai servizi domiciliari. Il punto, oggi e nel prossimo futuro, è che in assenza di un robusto intervento dello Stato anche il sistema di welfare delle Regioni settentrionali è destinato ad un notevole peggioramento”.

Perché la riforma?. Di una riforma nazionale del settore dell’assistenza agli anziani si discute da 15 anni, a partire dal 1997. In Italia, dunque, non sono necessarie ulteriori analisi e riflessioni, ora bisogna iniziare a confrontarsi con la concreta attuazione dei necessari percorsi di riforma. Una riforma che costerebbe poco, secondo il Network non autosufficienza.
“A soffrire di un finanziamento inadeguato sono i servizi alla persona, nel territorio (a domicilio, centri diurni) e nelle strutture residenziali. I servizi assorbono oggi una quota assai limitata di spesa pubblica e ciò produce un paradossale ‘vantaggio’. Poiché gli stanziamenti dedicati sono esigui, se ne potrebbe produrre una robusta crescita con sforzi marginali rispetto alla torta complessiva del bilancio pubblico. Infatti, si può avviare una riforma storica con uno stanziamento di soli 400 milioni di euro (…). D’altra parte rispondere alla non autosufficienza non costituisce un’esigenza solo di breve periodo, dato che stiamo parlando della sfida principale del welfare italiano nei prossimi 20 anni. Peraltro, neppure in prospettiva si tratta di un settore particolarmente oneroso: oggi la spesa pubblica dedicata rappresenta il 1,28% del Pil e – secondo uno studio svolto per il Ministero del Welfare – la soglia minima da raggiungere nei prossimi dieci anni per rispondere adeguatamente ai bisogni della popolazione anziana ammonta allo 1,5% mentre quella auspicabile allo 1,7%”.

E le assicurazioni private? “Alcuni ritengono che lo sviluppo delle assicurazioni private possa costituire la principale risposta all’invecchiamento – affermano gli studiosi del Network -. Gli studi concordano nel ritenere che non sia così e che alle assicurazioni debba essere riservata una funzione esclusivamente integrativa di un maggiore sforzo pubblico. Anche l’Ocse è recentemente intervenuta per smontare l’illusione che le assicurazioni private possano far venir meno la necessità di maggiore spesa pubblica. In proposito, peraltro, c’è ampio consenso in Europa mentre solo in Italia – da più parti – si continua a sostenere il contrario. Dunque, la vera domanda è: perché se in tutta Europa si riconosce che le assicurazioni private non possono costituire la principale soluzione, nel nostro paese questa opinione è così diffusa?”.

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