Lettera aperta al Prof. Fantoni, Presidente dell’Anvur

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Annalisa Monaco (Univ dell’Aquila) e Marco Merafina (Univ La Sapienza) per il Presidente dell’Anvur , Agenzia per la valutazione del sistema universitario,  sul riconoscimento “meritocratico” che ignora la situazione di carenza drammatica di docenti nell’università italiana e discutono di eccellenza scientifica, meritocrazia e mediane. “Egr. Prof. Fantoni, premesso […]

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta di Annalisa Monaco (Univ dell’Aquila) e Marco Merafina (Univ La Sapienza) per il Presidente dell’Anvur , Agenzia per la valutazione del sistema universitario,  sul riconoscimento “meritocratico” che ignora la situazione di carenza drammatica di docenti nell’università italiana e discutono di eccellenza scientifica, meritocrazia e mediane.
“Egr. Prof. Fantoni,
premesso il riconoscimento per l’estrema fatica che il suo compito richiede, vorremmo farle presente alcune obiezioni circa le modalita’ di
valutazione e di formazione delle graduatorie per l’abilitazione a professore di I e II fascia.
Siamo certi che il problema le e’ ben noto, ma non e’ possibile, riteniamo, eluderlo ulteriormente. Il riferimento e’ al fatto che l’uso esclusivo, o in gran parte prevalente, dei criteri bibliometrici sia una forma non del tutto corretta e spesso ingiusta di selezione.
In questi decenni, i ricercatori si sono dovuti quantomeno sdoppiare per svolgere i propri compiti di ricerca perche’ al tempo stesso, sono stati
reclutati per compiti didattici e, laddove indispensabile per lo svolgimento delle attivita’ universitarie legate alle discipline mediche, per compiti di assistenza. Ma e’ anche evidente che il ruolo universitario presenta delle sfaccettature che altri settori non hanno. E cosi’ un universitario, finora, ha dovuto fare ricerca, didattica e assistenza e questo ha sempre distinto il ricercatore universitario, qui inteso in senso lato, da quello, ad esempio, dell’industria privata. Molte delle funzioni suddette, non erano opzioni, o meglio, lo erano solo sulla carta: chi vive da molti anni all’interno degli Atenei lo sa benissimo. Si aggiunga a cio’ che una quota consistente di docenti ha svolto per anni, se non decenni, compiti istituzionali legati alla partecipazione in commissioni, senati accademici, consigli di amministrazione, presidenze di corsi di studio, di specializzazioni, ecc., che, seppure non obbligatori, hanno fatto parte dell’impegno profuso per il funzionamento dell’universita’.
Ma allora come e’ possibile che si possa cancellare, con un colpo di spugna, l’importanza di tali attivita’ indispensabili per la vita degli atenei,
all’interno dei criteri di valutazione? E’ chiaro che esistono situazioni differenti e casi limite all’interno della nostra istituzione e, senza voler
dare alcun giudizio di valore, esiste chi ha scelto di seguire la propria vocazione di pura ricerca, magari in una universita’ prestigiosa straniera, e
chi ha scelto di lavorare tra i “miasmi” burocratici dell’amministrazione universitaria, penalizzando cosi’ il proprio curriculum scientifico. C’e’ chi
svolge il proprio lavoro all’interno di uno studio con l’unica necessita’ di un computer, chi invece nello studio non riesce neanche ad entrare perche’ oberato continuamente da compiti didattici (che necessariamente non si limitano alle sole lezioni), attivita’ di ricerca e compiti istituzionali.
Ora e’ certo che la vita riserva a ciascuno di noi il proprio cammino ma, all’interno di qualunque carriera possibile, bisogna assolutamente
riconoscere il lavoro, l’impegno e la fedelta’ profusi in favore e all’interno dell’Universita’ italiana. E tutto questo dovrebbe essere considerato con
attenzione da coloro i quali sono a capo dell’istituzione universitaria, pena la demotivazione o, peggio ancora, lo snaturamento delle funzioni istituzionali all’interno degli atenei. Purtroppo e’ proprio il contrario cio’ che e’ gia’ sotto i nostri occhi: articolifici, esasperate cordate alla ricerca dell’ultimacitazione, una sorta di “ultima Thule” nella quale riciclarsi con una nuova “verginita’” mostrando pero’ quella profonda debolezza dei singoli e di tutto il sistema che, ancora una volta, non apprezza quasi per nulla chi ha lavorato per esso, ma premia soprattutto chi e’ molto furbo e lavora solo per se’, con tutti i distinguo del caso.
E’ proprio impossibile fare diversamente da quanto si fatto e si continua a fare? Forse sara’ difficile, ma fare le cose giuste non e’ mai stata
cosa facile.

Annalisa Monaco (Univ dell’Aquila) e Marco Merafina (Univ La Sapienza)”

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