Sallusti, la Cassazione dica agli Italiani se avere un’opinione è un reato

Il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è intervenuto stamattina ai microfoni di RTL 102.5 durante stamattina all’interno di “Non Stop News” commentando la vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto. Io sono assolutamente tranquillo, è vero che in Italia tutto è possibile, ma non vedo come la Cassazione possa confermare una condanna così pesante, la […]

Il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti è intervenuto stamattina ai microfoni di RTL 102.5 durante stamattina all’interno di “Non Stop News” commentando la vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto. Io sono assolutamente tranquillo, è vero che in Italia tutto è possibile, ma non vedo come la Cassazione possa confermare una condanna così pesante, la privazione della libertà per aver pubblicato, neanche scritto, un’opinione. C’è anche stato il tentativo di un accordo con la controparte che però ha chiesto denari, e lei ha detto di no. Gli avvocati fanno il loro mestiere, cercano di tirar fuori i clienti dai guai, ma a mio avviso c’è un prezzo che una persona non deve essere disposta a pagare. La libertà personale, la libertà intellettuale non può essere materia di trattativa privata e valere 30.000 euro in più dei 30.000 già pagati. O è o non è, quindi ho ringraziato i miei avvocati, ma ho detto che è un accordo personale non interessante. Io voglio che lo Stato attraverso la Cassazione dica agli Italiani se avere un’opinione è un reato per il quale andare in galera oppure no. Lei di scontri con i colleghi ne ha avuti, però tutti hanno trovato la forza e la veemenza per schierarsi al suo fianco, pur nelle differenze che restano sostanziali e abissali, credo sia stata una prova importante. Questo mi fa piacere e non penso e non spero che questa sia una difesa di casta, anche i giornalisti hanno una loro casta. Credo che veramente sia un’esigenza di chiarezza dopo tanti anni, siamo rimasti l’unico paese occidentale ad avere il carcere per reati d’opinione. Io sono assolutamente favorevole e d’accordo, ci mancherebbe altro, che se i giornalisti sbagliano devono pagare, e per quello c’è già il codice penale. Un reato tipico dei giornalisti è la diffamazione, e se uno diffama deve risarcire il danno. Ma il carcere per delle idee è una cosa che nel mondo occidentale è rimasto solo in Italia, e allora credo che questa sia una battaglia che viene fatta non tanto su di me, ma sul mio caso, perché sarebbe un passo avanti per un Paese liberale e moderno. Nel caso dovesse finire “male” questo sarebbe un pezzo di storia che cambia nel nostro Paese. Sì, perché i giornalisti sono più esposti a questo rischio perché di mestiere scrivono opinioni, ma domani potrà riguardare anche un comune cittadino che esprime la propria opinione attraverso strumenti che non hanno filtro, che sia il web, che siano i talk show. Qualsiasi cittadino a questo punto può finire in galera per aver espresso non una diffamazione ma un’opinione. L’articolo in questione non è diffamante, non parla del signor giudice che mi ha querelato, commenta una sentenza del giudice attraverso dei paragoni, anche forti, anche non necessariamente condivisibili, però sono opinioni. Per far capire agli ascoltatori, se io dico: “La Polverini è una ladra” sono querelato perché diffamo la Polverini, ma se io scrivo “La Polverini deve andare a casa a calci nel sedere” può essere un’opinione violenta, un’opinione sgradevole, ma non è diffamazione. Lei ritiene che nel caso non si possa tornare indietro il Presidente della Repubblica interverrà in tempi strettissimi, visto che ha fatto sapere di essersi interessati del caso? Ringrazio di questo interessamento il Presidente della Repubblica, con il quale ho polemizzato più volte dal punto di vista giornalistico e politico ho polemizzato, anche con durezza. Ma le polemiche sono sempre sul piano politico, mai sul piano personale, io ho polemizzato duramente con tante persone importanti, ma non ho mai avuto un nemico. Quindi anche il Presidente lo rispetto per il suo ruolo, per la sua persona e lo ringrazio di questo interessamento. C’è già un precedente di grazia di un Presidente nei confronti di un giornalista, ma la grazia deve essere chiesta, non è concessa automaticamente. Io nella sciagurata idea di condanna, che non voglio neanche prendere in considerazione, stamattina non saprei dirle se avrei l’intenzione di chiedere la grazia. Se uno è condannato sconta la pena, perché devo chiedere allo Stato di perdonarmi, non ho fatto nessun reato, di perdonarmi di cosa? Non ho nulla di cui chiedere perdono. Certo è facile dire adesso che non chiederò la grazia perché non sono condannato, poi non so eventualmente quale sarebbe il mio stato d’animo, non so cosa succede dentro un uomo che varca la soglia di un carcere, ma in questo momento non lo farei, poi non è un impegno solenne per la vita. In un paese in cui assistiamo a gentaglia di ogni risma non finire in carcere o finire per tempi irrisori a noi sembra davvero una cosa incredibile parlare di 14 mesi di galera per un articolo. Io non credo di essere l’unico cittadino italiano che rischia di andare in carcere ingiustamente. Io non sono un buonista, se uno sbaglia deve andare in carcere, ma la giustizia è giustizia se la pena è proporzionata al reato e a me questa pena sembra veramente sproporzionata. Non mi capacito, mi sembra la vendetta di una casta, quella dei magistrati, su quella di un’altra casta, quella dei giornalisti. Tutti i direttori di tutti i quotidiani italiani se vengono condannati ogni anno almeno 10,20, 30 volte per diffamazione, perché avendo la responsabilità oggettiva, se pensa al numero di articoli che pubblica un quotidiano ogni giorno e lo moltiplica per 360 veda quante querele e quante condanne riceve. Perché solo il direttore de Il Giornale viene giudicato su una querela socialmente pericolosa e quindi arrestato? Non credo di essere “più peggio” degli altri, allora il dubbio che sia una vendetta politica ce l’ho.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *