Armageddon rinviato, l’asteroide binario 1998QE2 sfreccia a 5.8 milioni di Km dalla Terra

“Non è più tempo di dormire”(Santa Caterina da Siena). L’Armageddon spaziale stile Hollywood è rinviato. Che barba e che noia per i “profeti” di sventura! Venerdì 31 Maggio 2013 l’asteroide binario 1998QE2, nove volte più largo di una nave da crociera, alle 22:59 ore italiane sfreccia serenamente sopra le nostre teste, alla distanza di 5.8 […]

“Non è più tempo di dormire”(Santa Caterina da Siena). L’Armageddon spaziale stile Hollywood è rinviato. Che barba e che noia per i “profeti” di sventura! Venerdì 31 Maggio 2013 l’asteroide binario 1998QE2, nove volte più largo di una nave da crociera, alle 22:59 ore italiane sfreccia serenamente sopra le nostre teste, alla distanza di 5.8 milioni di chilometri dalla Terra, cioè 15 volte la tratta verso la Luna, indifferente ai destini degli umani, alle perversioni etiche e morali delle multinazionali che ormai condizionano parlamenti e governi, anche europei, più che in materia aerospaziale nel campo sessuale e nel controllo delle nascite (aborto). Un macigno finora invisibile perché 100 volte più debole della più piccola stella del cielo. Ma sorprendente! Per la proverbiale ironica meccanica celeste tutta naturale, tra il 3 e 4 Giugno 2013, dopo il flyby con la Terra, l’asteroide 1998QE2 sarà più brillante (riflettendo meglio la luce del Sole). Come una stellina di decina-undicesima magnitudine, sfreccerà tra le costellazioni della Bilancia e dell’Ofiuco, accessibile ai telescopi ed ai binocoli astronomici di generosa apertura ottica. Il sasso cosmico 1998QE2 regolarmente irradiato da tutti i radiotelescopi del mondo, con i suoi 2.7 chilometri di diametro, non rappresenta alcun pericolo per la Terra, grazie all’Altissimo ed alla meccanica celeste. Ma la sua composizione chimica è di grande interesse. Ci rivedremo, a Dio piacendo, il 12 Luglio 2028 alla debita distanza di 73 milioni di Km. Baptistina, l’asteroide che 65 milioni di anni fa spazzò via i dinosauri dalla faccia della Terra, disintegrando tutto dal “ground zero” nell’attuale penisola dello Yucatan, era largo 10 Km. Si contano milioni di oggetti simili a 1998QE2 che potrebbero improvvisamente fare capolino da una lontana periferia orbitale. Anche da altri sistemi solari vicini.
impatti-cosmici-tra-asteroidi-grande-pericolo Potremmo essere già sotto tiro da secoli o centinaia di migliaia di anni per i ben noti effetti di risonanza orbitale impercettibili nella scala temporale umana! Finora sono stati scoperti soltanto 10mila oggetti simili all’asteroide 1998QE2 che è soltanto uno delle migliaia di miniere a cielo aperto ricche di ogni ben di DIO, che attendono la conquista umana per lo sfruttamento minerario in situ da parte di governi e compagnie private. Italia, sveglia! La Nasa è già al lavoro grazie alla liberalizzazione e privatizzazione dell’impresa spaziale negli Usa. Le compagnie europee e italiane che fanno? La sequenza delle immagini radar (http://echo.jpl.nasa.gov/) ottenuta dagli scienziati Nasa grazie all’antenna di 70 metri del Deep Space Network di Goldstone (California, Usa) quando l’oggetto era già a 6 milioni di Km dalla Terra, il 29 Maggio, è impressionante. I dati coprono un periodo inferiore alle due ore e svelano subito la natura binaria dell’asteroide con la sua piccola luna di 600 metri di diametro (secondo le stime preliminari) che gli orbita attorno. L’asteroide 1998QE2 è stato scoperto il 19 Agosto 1998 dagli scienziati del Telescopio Linear nell’ambito del Programma Massachusetts Institute of Technology Lincoln Near Earth Asteroid Research di Socorro in New Mexico (Usa). Nella popolazione degli oggetti NEO (Near-Earth Objects che orbitano entro i 190 milioni di Km dalla Terra) circa il 16 percento degli asteroidi finora scoperti, di circa 200 metri di diametro, è un sistema doppio o triplo. In caso di impatto multiplo con simili rocce, le conseguenze climatiche per il nostro pianeta azzurro sarebbero sicuramente catastrofiche, ben al di là delle attuali previsioni scientifiche e di protezione civile che si limitano a considerare i soli effetti termici e sismici locali, cioè prossimi ai crateri da impatto ed ai punti caldi antipodali. Sappiamo che la vaporizzazione istantanea di simili asteoridi o comete di pari diametro e comunque sotto i dieci chilometri, ovunque colpissero, provocherebbe scenari da fine del mondo, liberando energie equivalenti a parecchie migliaia di megaton (equazione dell’equivalenza dell’energia cinetica a un mezzo per la massa per la velocità al quadrato) producendo un’onda EM elettromagnetica in grado di bruciare in poche ore tutti i circuiti, i chip e le memorie dei dispositivi portatili oggi di moda, frammentando la roccia, anche quella sotto gli oceani, scagliando polveri e cristalli arroventati nell’atmosfera, incendiandone i gas che finirebbero per trasformare in un forno il nostro habitat, bruciando le foreste, avvelenando le acque e le sorgenti, risvegliando megavulcani come Yellowstone e i Campi Flegrei, scatenando megatsunami. Una coltre di iridio ricoprirebbe le nostre ceneri come dimostra il famoso confine KT. Attività neppure lontanamente prefigurate dai film fantascientifici più paludati del genere hollywoodiano come Asteroid, Armageddon, Deep Impact et similia made in Europe. La Terra può già vantare 130 cicatrici da impatti cosmici sulla sua superficie e in profondità. Molti crateri sono visibili dallo spazio e dal suolo senza scomodare la Luna, Marte e i satelliti dei pianeti giganti crivellati in tempo reale. L’oggetto primario dell’asteroide 1998QE2 ha una superficie scura e presenta svariate concavità con un periodo di rotazione di circa quattro ore. È il massimo avvicinamento alla Terra per i prossimi due secoli. Le osservazioni radar sono guidate dalla scienziata Marina Brozovic del Jet Propulsion Laboratory della Nasa a Pasadena in California. La risoluzione delle prime immagini di 1998QE2 era di circa 75 metri per pixel, poi aumentata con l’approccio orbitale. Dal 30 Maggio al 9 Giugno 2013 tutti i radioastronomi del pianeta sono invitati ad effettuare le loro osservazioni. È stato mobilitato anche l’Osservatorio di Arecibo a Puerto Rico per una grande campagna di analisi dell’oggetto binario 1998QE2 sondato in 3D. Tutte le osservazioni realizzate durante la breve visita dell’asteroide potranno poi essere integrate. Il radar è uno strumento formidabile per studiare le dimensioni e le caratteristiche di asteroidi e comete anche più lontani: consente di allertare in tempo reale la comunità scientifica internazionale e i governi. Certamente con soli cinque anni di preavviso, nello sfortunato caso di un impatto con la Terra, non potremmo fare nulla. Le misure radar consentono di calcolare la distanza e le velocità di questi oggetti, tracciandone le orbite nel Sistema Solare. Il 90 percento degli asteroidi occupa la Fascia Principale tra Marte e Giove, una ciambella larga circa 290 milioni di chilometri. La priorità della Nasa e delle altre Agenzie spaziali pubbliche (www.jpl.nasa.gov/asteroidwatch) è di scoprirli tutti per tracciarne le orbite. Ma la difesa planetaria è ancora una chimera. Siamo messi male, peggio che sul Titanic il 15 Aprile 1912. Oggi non abbiamo scialuppe di salvataggio, navette per la fuga di massa né missili né laser da sparare contro eventuali asteroidi e comete killer che viaggiano a 60 Km al secondo. In grado di penetrare la nostra atmosfera in un istante, scavando un cratere largo almeno 50 volte il loro diametro all’impatto e profondo decine di miglia! Gli Stati Uniti d’America guidano la ricerca di queste montagne cosmiche e delle tecnologie di difesa attiva e passiva. Negli Usa dicono di controllare almeno il 98 percento delle orbite dei NEO finora scoperti. I più grossi sopra il chilometro. Ma i più piccoli sassi binari e tripli sotto il chilometro sono il problema. Dal fantastico giorno del 1º Gennaio 1801 in cui l’astronomo sacerdote italiano Giuseppe Piazzi scoprì Cerere che allora venne definito un “pianetino”, orbitante nella Fascia Principale, e che in seguito sarà classificato come asteroide, gli studiosi stanno individuando le origini dei singoli oggetti e delle famiglie di corpuscoli. Nel 2012 il budget americano per lo studio dei Near-Earth Objects è stato incrementato da 6 a 20 milioni di dollari. Dozzine di scienziati, ma anche semplici astronomi non professionisti armati di buoni telescopi, sono coinvolti a diverso titolo letteralmente in un’impresa nazionale che ha dell’incredibile, creando una fitta rete di rapporti sociali, culturali, tecnologici e politici che interessano direttamente la Casa Bianca, la Nasa e i suoi prestigiosi centri di ricerca. Qualcosa di semplicemente inconcepibile in Europa e in Italia dove è nata la ricerca degli asteroidi grazie a don Giuseppe Piazzi. I nostri Osservatori pubblici e privati territoriali sembrano semmai diventati dei musei ammuffiti a cielo chiuso (per gli scarsi fondi e l’inquinamento luminoso!) e non reggono assolutamente il confronto con gli Osservatori astronomici schierati negli Usa e nelle località più remote del pianeta. Ci salviamo solo grazie all’ESO, l’Osservatorio europeo australe ed a qualche altra rara eccezione. La Planetologia è la chiave di volta della nostra stessa sopravvivenza. Lo studio dei Corpi Minori del Sistema Solare e di quelli sui vicini sistemi alieni dai quali potrebbero giungere oggetti iperveloci, è fondamentale. Negli Usa gli scienziati impegnati nella ricerca dei NEO (http://neo.jpl.nasa.gov/) hanno voce in capitolo nell’assegnazione dei fondi pubblici e privati per sostenere Osservatori astronomici, strumenti, progetti e tecnologie necessari all’intercettazione immediata di minacce cosmiche che, seppur rare, sarebbero devastanti e fatali per il genere umano. “There is no second”, come nella Coppa America alle porte. Non c’è il secondo posto in questo genere di osservazioni. La Nasa può contare sul sostegno diretto del Governo americano, della Casa Bianca, delle Agenzie governative federali, degli astronomi e dei ricercatori universitari, scelti tra i migliori con metodi rigorosi e non politici. Pura fantascienza in Italia. Sono schierate letteralmente batterie di telescopi pubblici e privati (http://deepspace.jpl.nasa.gov/dsn) sui monti e nei deserti Usa, lontani dalle luci cittadine, tutti collegati a istituti di ricerca afferenti alla Nasa. Il cui quartier generale a Washington D.C. gestisce i fondi governativi e le donazioni private ovviamente detassate, necessari per scandagliare i cieli, studiare e monitorare in tempo reale, uno ad uno e simultaneamente (ridondanza) gli asteroidi e le comete che con le loro orbite periodiche si avvicinano alla Terra. Il JPL della Nasa, una divisione del California Institute of Technology di Pasadena, ha un ruolo decisivo. Qui si sviluppano liberamente le tecnologie spaziali necessarie per contrastare questa minaccia. Libertà inconcepibili in Europa. Nel 2016 la Nasa lancerà nello spazio una sonda automatica per studiare gli oggetti PHA, i più pericolosi tra i NEO: quelli che prima o poi, quasi certamente, ci cadranno addosso nei prossimi secoli o decenni. La Missione OSIRIS-REx (www.nasa.gov/mission_pages/osiris-rex/index.html) diretta sull’asteroide Bennu (101955) farà da battistrada alle future astronavi (capsule Orion senza le ali!) concepite per la veloce ricognizione, il sorvolo e il contrasto attico-passivo (trattore gravitazionale o bombardamento laser-nucleare) di nuove improvvise minacce derivanti da impatti tra oggetti che potrebbero prima o poi finire per precipitarci addosso. OSIRIS-REx effettuerà un rendezvous con Bennu nel 2018 e tornerà sulla Terra nel 2023 con a bordo 60 grammi di campioni cosmici. Sarà la pietra miliare necessaria per mobilitare le compagnie private che partecipano alla missione. Bennu svelerà i suoi segreti tra molti anni. OSIRIS-REx (http://osiris-rex.lpl.arizona.edu/) mapperà le proprietà dell’asteroide, le forze gravitazionali e non che sono in gioco, effettuando osservazioni certosine. Nel frattempo il mondo non può più attendere oltre. Sono già stati osservati scontri cosmici tra asteoridi che hanno rilasciato acqua nello spazio in spettacolari scie e code luminose di gas nella Fascia Principale. Monitorare asteroidi e comete è decisivo per capire non soltanto le origini del Sistema Solare, dell’acqua così abbondante sulla Terra, delle molecole organiche effettivamente catturate da un astro chiomato, che hanno permesso lo sviluppo della vita sul nostro mondo. Se non saremo in grado di proteggere la Terra, tutto questo non avrà più alcun senso perché saremo estinti. La Nasa di recente ha annunciato lo sviluppo della prima missione spaziale umana, non automatica, per la ricognizione, la cattura e la ricollocazione orbitale di un piccolo asteroide attorno alla Luna. Un’impresa storica per l’umanità, per alcuni pazzesca, in grado di sviluppare tecnologie innovative e straordinarie per la nuova Rivoluzione Economia Mondiale del Credito alla Persona. Uno scenario degno di Star Trek (episodio “The Paradise Syndrome” della serie classica). Ricordate il famoso raggio-trattore dell’Enterprise? La cattura e il ridispiegamento orbitale di una montagnola spaziale richiede investimenti tali che solo gli Usa possono permettersi in regime di totale libertà d’azione e d’impresa, grazie ai cervelli di tutto il mondo. Il Minor Planet Center di Cambridge (Massachusetts, Usa) ha optato per la designazione provvisoria 1998QE2 dell’asteroide al momento della scoperta, sulla base dell’espressione alfanumerica dell’anno e del mese dell’evento. Nulla toglie che il nome possa cambiare per essere attribuito allo scopritore. È la loro decisione che nulla toglie alla spettacolarità delle immagini radar dell’oggetto. L’esposizione al Sole è in grado di illuminare aree della superficie finora ignote. C’è poi la piccola luna che consente di quantificare la massa e la composizione dell’asteroide (www.twitter.com/asteroidwatch). Questi oggetti contengono minerali preziosi, terre rare, acqua, idrogeno, gas naturali. Potrebbero essere trasformati in basi minerarie e industriali permanenti di raffinazione e sviluppo in appena 20 anni, se qualcuno come James Cameron decidesse di farlo. Fanta-economia spaziale? No, tecnologia dei giorni nostri. In un articolo intitolato “Affordable, Rapid Bootstrapping of the Space Industry and Solar System Civilization”, pubblicato nel Journal of Aerospace Engineering, Phil Metzger, Anthony Muscatello, Robert Mueller e James Mantovani spiegano come fare in un intrigante vademecum del Piccolo Industriale Cosmico (l’Astra Mining Corporation potrebbe essere la mia, del sottoscritto!) che in pochi anni scoprirebbe di essere diventato l’imprenditore più ricco del Sistema Solare, totalmente autosufficiente e indipendente dalla Terra, perché in grado di acquisire l’energia e le risorse necessarie alla vita della sua azienda (e dei suoi dipendenti) direttamente da questi piccoli o grandi Corpi Minori in orbita attorno al Sole. Le banche spaziali faranno fortuna! Risorse in grado di soddisfare i bisogni dell’Umanità. Una simile iniziativa industriale mineraria spaziale avrebbe profonde implicazioni nella società e nella cultura. La Rivoluzione Industriale Cosmica su piccola e larga scala, guidata dai governi e sostenuta dalle compagnie private che si accollano oneri ed onori, fornirebbe per la prima volta nella storia vero lavoro produttivo a tutti in tempo di pace. La disoccupazione sarebbe un lontano ricordo. Le vecchie regole ed equazioni economiche non avrebbero più alcun senso. L’Economia del Credito alla Persona, nulla di comparabile con la prima rivoluzione industriale tra il XVIII e XIX Secolo, imporrebbe le sue nuove regole. Per alcuni scienziati la civiltà umana non ha alternative. Pena l’estinzione. Due le vie da seguire subito: l’esplorazione robotica e la scoperta di rari elementi fondamentali primordiali, introvabili sulla Terra, per lanciare poi la conquista industriale spaziale diretta dall’Uomo e non dalle macchine. Il carbonio, elemento base della vita e dell’industria, è diffusissimo nello spazio, con tutte le sue varianti. Il gioco vale la scommessa e l’impresa mineraria. Le compagnie petrolifere mondiali si stanno preparando al grande balzo? Immaginate una quantità di acqua, gas naturale o minerale, moltiplicatela per miliardi di volte ed otterrete i profitti: sono tutti lassù. Non tra le stelle, ma tra i pianeti del nostro Sistema Solare. Non soltanto tra la Terra e Giove ma già a pochi milioni di chilometri dal nostro mondo. È una follia distruggere il nostro pianeta per l’estrazione di quantità infinitesimali di materie prime che sono infinite nello spazio. A costi decisamente più bassi. Occorre una Nuova Economia fondata sulla Persona. Possiamo catturare un piccolo asteroide: sarebbe pericoloso metterlo in orbita attorno alla Terra. Si comincia dalla Luna. La Nasa sta cercando un oggetto di 500 tonnellate da inserire nell’orbita lunare per le prime estrazioni minerarie. La bassa gravità abbatte i consumi di energia e i costi per il trasporto sulla Terra dei materiali raffinati. L’obiettivo è raggiungere una piccola roccia spaziale per cominciare. Poi tutto verrà naturale con lo sviluppo di tecnologie sempre più complesse. Gli asteroidi sono tutti diversi. Non ce n’è uno uguale all’altro, come le nostre impronte digitali. Sono la “cenere” del Sistema Solare primordiale, i “resti” della formazione planetaria, i depositi di infinite ricchezze che aspettano l’Uomo da miliardi di anni. È materia grezza, speciale, rara sulla Terra ma così straordinariamente abbondante lassù. Dalla combinazione di idrogeno e carbonio otteniamo plastiche e gomme. Pensate di farlo con quei materiali antichi! La Stazione Spaziale Internazionale è costata 100 miliardi di dollari, assemblata in orbita grazie agli Space Shuttle decollati dalla Terra, costruita con materiali reperiti e fabbricati sul nostro pianeta. Pensate di costruirla nello spazio con i minerali estratti da un NEO. Quanto costerebbe? Il 90 percento in meno. Come una vera nave interstellare, con un design ancora più avveniristico della Uss Enterprise di Star Trek. Si comincia con la prima generazione di materiali più semplici per poi raffinare quelli più complessi, magari necessari per la struttura in metallo di immense navi e stazioni spaziali grandi come metropoli che oggi neppure riusciamo a immaginare in orbita. I lanci dalla Terra costano troppo? Nessun problema. I NEO possono diventare vere stazioni e fabbriche spaziali. La prima generazione di imprese minerarie farà da battistrada a quelle successive con lo sviluppo di tecnologie laser in grado di plasmare gli asteoridi come fanno i bambini con la plastilina. Entro i prossimi 100 anni. Avremmo così salvato la Terra dall’inquinamento industriale. Ogni nuovo passo è una conquista che apre alla successiva. Le compagnie spaziali si moltiplicano e si specializzano nei commerci e nei trasporti. Le banche non condizionano più le imprese come all’inizio del XXI Secolo. Nuove capacità e possibilità emergono. La civiltà umana evolve. Ora è in grado di produrre tutto nello spazio attorno alla Terra. Anche i computer con materie non più rare e molto più efficienti delle attuali. L’Uomo non vuole affidare il lavoro ai robot ma preferisce “guidare” lo sviluppo della civiltà nel Sistema Solare. Siamo passati dal primo al secondo grado di evoluzione. Siamo pronti per conquistare le altre stelle. Entro i prossimi 200 anni. Sulla lunghezza d’onda del pensiero di J. F. Kennedy:“l’impresa è difficile per questo vogliamo attuarla”. Per costruire vascelli spaziali interstellari dobbiamo conquistare la Prima Fascia degli asteroidi. Il propellente per i motori ionici a fusione nucleare è abbondante: l’idrogeno. L’ossigeno e l’acqua non mancano: i NEO ne sono pieni. Velocemente ha inizio la Terza Rivoluzione Industriale Spaziale che si diffonde sulla Terra. I costi dei voli spaziali si abbattono decisamente. I computer non hanno più alcun bisogno delle classiche rumorose ventoline per il raffreddamento dei chip laser che fanno miracoli. L’impresa sembra impossibile semplicemente perché oggi chi ha il Potere sulla Terra non la pensa attuabile? Ma non esistono alternative in regime di libertà. Nessuno può improgionare il pensiero. I numerosi esempi del passato lo dimostrano. Una scoperta del tutto inattesa (anche sulla ISS) è in grado di mettere in moto un processo produttivo nuovo finora semplicemente ritenuto impossibile. Negli Usa, durante la Guerra Civile di 150 anni fa, fu scoperto il modo di raffinare la bauxite in alluminio: la trasformazione del metallo in qualcosa di più appetibile e prezioso (come l’oro lo è rispetto alla soda) scatenò le imprese e l’economia mondiale. Immaginate di fare la stessa cosa con il sale da cucina, il platino, il piombo o l’uranio. Nello spazio. All’interno di un asteroide. L’innovazione sarebbe incalcolabile. Un piccolo industriale minerario spaziale potrebbe diventare più ricco del Governo degli Stati Uniti in pochi mesi. Come? Estraendo nuovi minerali da un piccolo NEO. James Cameron, il famoso regista di Alien 2, Terminator 2, Titanic e Avatar ci sta pensando seriamente con la sua piccola compagnia fondata all’uopo. Fantascienza? Mentre in Italia si dorme e si giustifica il potere ventennale di incompetenti, altrove si agisce! Il terzo stadio di sviluppo della civiltà umana, tra 300 anni, ci consentirà di terraformare Venere e Marte in pochi anni grazie a enormi processori atmosferici del tipo di quelli preconizzati da James Cameron nel capolavoro cinematografico Alien 2 – Scontro Finale. Avremo così due nuove Terre da abitare, senza più aborti e controlli delle nascite. Il danaro del futuro sarà il Credito alla Persona. Non più il pagano soldo del debito. Lo scenario, appena descritto, non è frutto di una visione fantapolitica ma di un Progetto reale partorito da alcune menti brillanti della Nasa all’inizio degli Anni Settanta del XX Secolo. La Stazione Spaziale Internazionale, il più grande progetto dopo le Piramidi d’Egitto e l’impresa Apollo-Shuttle in tempo di pace, è parte integrante di questa Mission che Internet cerca di diffondere nei giovani. Gli astronauti e gli scienziati che lavorano alla Nasa, all’Esa e nelle altre Agenzie pubbliche del pianeta ci credono. Sono in pochi a tracciare la via, ma ci credono. Nel frattempo i dati del Telescopio Spaziale WISE della Nasa (Wide-field Infrared Survey Explorer) hanno permesso di identificare tre nuove classi di asteroidi nella Fascia Principale tra Marte e Giove. Gli astronomi, utilizzando i milioni di scatti infrarossi della ricerca globale di WISE, ribattezzata NEOWISE, sono riusciti per la prima volta a identificare 28 nuove famiglie di asteroidi finora semplicemente inclassificabili. Le scoperte sono di portata storica e consentono di comprendere le origini di queste montagne spaziali attraverso le collisioni che si pensa siano state la causa della loro formazione. “Assistere a questi processi in tempo reale nella scala temporale umana, è un evento eccezionale, incredibile – ammette Lindley Johnson del programma esecutivo del Near-Earth Object Observation alla Nasa di Washington – questa ricerca ci aiuterà a tracciare la storia dei NEO andando indietro nel tempo, per capire le loro origini e le ragioni della loro migrazione verso le orbite pericolose prossime alla Terra”. La Fascia Principale è la sorgente della maggior parte degli asteroidi e delle comete NEO che possono diventare PHA (potenzialmente killer) quando nella loro navigazione attorno al Sole si avvicinano a meno di 45 milioni di Km dalla Terra. Questa è la nostra prima linea di difesa planetaria. Da lì possono partire i micidiali oggetti killer del nostro mondo. Alcuni NEO occupano orbite inizialmente stabili nella Fascia Principale, fino a quando subiscono qualche perturbazione gravitazionale, una collisione con un altro oggetto o l’effetto termico solare con getti di gas che potrebbero provocarne il repentino cambio di rotta come in un pazzesco flipper cosmico in gioco nel corso dei secoli. Il team di NEOWISE ha osservato 120mila asteroidi della Fascia Principale degli oltre 600mila noti, scoprendo che 38mila oggetti, un quarto della popolazione studiata, possono essere assegnati a 76 famiglie, 28 delle quali del tutto nuove. Non solo. Alcuni asteroidi sfuggono decisamente alla classificazione perché sono davvero strani con un comportamento a metà strada tra un asteroide e una cometa. Una famiglia di asteroidi di forma dalla frammentazione per collisione di un oggetto progenitore più grande che si disintegra in frammenti di varie dimensioni. Alcune collisioni possono produrre enormi crateri da impatto, come sull’emisfero australe di Vesta dove sono visibili, grazie alla sonda Dawn della Nasa, due grandi impatti. Di solito se l’oggetto-proiettile ha dimensioni comparabili al bersaglio, un po’ più del suo raggio, ne provocherà la distruzione. È il caso della famiglia di asteroidi di Eos. Viaggiano inizialmente uniti seguendo la stessa orbita, per poi disperdersi grazie all’influenza gravitazionale e termica di Giove e del Sole. Ma l’osservazione delle loro orbite non basta a scongiurare sorprese per la Terra. NEOWISE ha anche studiato la loro capacità di riflettere la luce solare riuscendo così a identificarli con grande precisione. Generalmente gli asteroidi della stessa famiglia hanno la medesima composizione chimica, contengono gli stessi minerali e riflettono in modo simile la luce del Sole nelle loro rotazioni e rivoluzioni. Alcune famiglie di asteroidi sono ricoperte di polveri molto scure, non riflettenti, che assorbono il calore solare. Altre hanno superfici più chiare, riflettono la luce e il calore solare. Altre sono scintillanti nei loro metalli. Ce n’è per tutti i gusti. È difficile distinguere gli asteroidi scuri e chiari nella luce visibile. Molti sono in grado di occultare le loro reali dimensioni. Quelli scuri riflettono meno luce ma sono i più grossi e così appaiono più brillanti all’infrarosso. Il Telescopio NEOWISE (www.nasa.gov/wise) è in grado di distinguerli su questa particolare lunghezza d’onda capace di vedere il calore emesso dalle montagnole spaziali più scure, più grandi e più pericolose. In tal modo, studiando le proprietà della riflessione luminosa, possono essere calcolate le dimensioni, la velocità e le proprietà dell’oggetto o della sua famiglia specifica di appartenenza, in orbita con le stesse caratteristiche attorno al Sole. Non sempre conoscendo una famiglia di asteroidi, se ne conoscono tutte. “È come riconoscere una zebra in un branco di gazzelle” – rivela Joseph Masiero del Propulsion Laboratory della Nasa, autore del nuovo studio pubblicato sull’Astrophysical Journal – prima era molto più difficile identificarli ma ora abbiamo un’idea migliore sulla loro singolare appartenenza”. Il prossimo obiettivo sarà quello di capire le origini dei corpi maggiori che hanno generato le famiglie di asteroidi nel nostro Sistema Solare. Non si esclude nulla, neppure l’ingresso di un oggetto alieno da un vicino sistema solare. “È come disporre di cocci di un vaso rotto per poi metterli di nuovo insieme e scoprire cos’è successo” – dichiara Amy Mainzer, principal investigator di NEOWISE al Jpl. Per quale motivo si è formata la Fascia Principale di asteroidi? Perché la regione non ha dato vita a un pianeta di taglia più o meno terrestre? O lo ha fatto ed è stato fatto a pezzi da un pianetino? Gli scienziati del Jpl stanno rimettendo insieme i cocci del vaso o del primordiale pianeta rotto, per svelare questo grande mistero grazie a telescopi infrarossi come WISE, in ibernazione dal 2011 dopo aver completato la sua missione primaria di doppia osservazione e catalogazione degli asteroidi e delle comete del nostro Sistema Solare sull’intera sfera celeste. Le sorprese sono sempre dietro l’angolo mentre continua imperterrita la sua corsa verso il Sole, con cui ha appuntamento alla fine del 2013, la grande Cometa ISON ripresa in una nuova serie di immagini dall’Osservatorio Gemini alle Isole Hawaii (Usa). Gli scatti coprono una sequenza temporale che va da dall’inizio di Febbraio alle fine di Maggio 2013. Le immagini mostrano una notevole attività sulla cometa, nonostante la sua attuale grande distanza dal Sole e dalla Terra. Le informazioni raccolte finora offrono importanti indizi ai ricercatori sul comportamento complessivo dell’astro chiomato e sulle possibilità che il suo avvicinamento al Sole si tramuti in un evento epocale spettacolare. È ancora da vedere se la cometa ce la farà a sopravvivere all’incontro ravvicinato con la nostra stella alla fine di Novembre 2013. Solo così potrà diventare la protagonista assoluta dei nostri cieli mattutini ai primi di Dicembre. Quando il telescopio Gemini ha scattato le nuove immagini, la cometa si trovava tra i 730 milioni e i 580 milioni di chilometri dal Sole. Ogni immagine della serie, ripresa con lo spettrografo multioggetto del telescopio Gemini Nord sul Mauna Kea delle Hawaii, mostra la Cometa ISON come appare nella parte rossa dello spettro ottico. Il che indica la presenza di materiale polveroso già in fuga dalla palla di neve sporca che è il nucleo della montagna di ghiaccio. L’immagine finale della sequenza, ottenuta ai primi di Maggio 2013, si compone in realtà di tre immagini e include anche i dati da altre regioni dello spettro visibile. Le foto mostrano che la Cometa ISON ha un guscio di forma parabolica nella parte rivolta verso il Sole e una coda corta e tozza che punta lontano dal nostro luminare. Questi fenomeni si formano quando polvere e gas sfuggono dal nucleo ghiacciato e circondano il corpo principale per formare la cosiddetta coma. Il vento solare e la pressione della radiazione spingono il materiale della coma via dal Sole per formare la stupenda coda della Cometa ISON che vediamo con una leggera inclinazione. Scoperta nel Settembre del 2012 da due astrofili russi, la Cometa ISON sta probabilmente facendo il suo primo passaggio nel Sistema Solare interno, proveniente dalla lontana Nube di Oort, una regione nei recessi del nostro Sistema Solare, oltre i sei mesi-luce di distanza, dove dimorano comete e corpi ghiacciati. Storicamente, le comete che fanno il primo giro nel Sistema Solare interno mostrano una forte attività che le rende ben visibili da Terra, ma in alcuni casi si sciolgono quando si avvicinano al Sole. Sono le cosiddette comete sungrazer “suicide”. Ma vogliamo sperare che la ISON preferisca sopravvivere per mostrare ai terrestri come si vola nello spazio prossimo all’atmosfera solare.
© Nicola Facciolini

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