GMG 2013: Francesco, andiamo in periferia a cercare i lontani

In un mondo in cui “in molti ambienti si è fatta strada una cultura dell’esclusione e dello scarto”, per cui “non c’è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto” e “non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada”, non bisogna rinunciare all’incontro e all’accoglienza di tutti, alla solidarietà […]

In un mondo in cui “in molti ambienti si è fatta strada una cultura dell’esclusione e dello scarto”, per cui “non c’è posto né per l’anziano né per il figlio non voluto” e “non c’è tempo per fermarsi con quel povero sul bordo della strada”, non bisogna rinunciare all’incontro e all’accoglienza di tutti, alla solidarietà e alla fraternità, che sono “gli elementi che rendono la nostra civiltà veramente umana”. Papa Francesco celebra messa con mille vescovi (mai così tanti assieme dai tempi del Concilio Vaticano II) nella cattedrale di Rio de Janeiro, e a loro, come a preti e seminaristi, chiede di “essere servitori della comunione e della cultura dell’incontro”. “Dovremmo essere – dice il papa – quasi ossessivi in questo senso: non vogliamo essere presuntuosi, imponendo “le nostre verità”. Ciò che ci guida è l’umile e felice certezza di chi è stato trovato, raggiunto e trasformato dalla Verità che è Cristo e non può non annunciarla”. Non “ efficienza e pragmatismo”, che definisce i due “dogmi“ moderni, ma “incontro e accoglienza”: “Andiamo in periferia a cercare i lontani”.
Nella penultima giornata del suo viaggio a Rio de Janeiro per la Giornata mondiale della gioventù, papa Francesco ricorda agli uomini di Chiesa l’importanza della preghiera e della spiritualità: “Non è la creatività pastorale, non sono gli incontri o le pianificazioni – dice Bergoglio – che assicurano i frutti, ma l’essere fedeli a Gesù”. E poi parlando di missione fa un passaggio personale: “Ricordo il mio sogno da giovane, andare missionario in Giappone. Dio, però, mi ha mostrato che la mia terra di missione era molto più vicina: la mia patria. Aiutiamo i giovani a rendersi conto che essere discepoli missionari è una conseguenza dell’essere b Attezzati, è parte essenziale dell’essere cristiani, e che il primo luogo da evangelizzare è la propria casa, l’ambiente di studio o di lavoro, la famiglia e gli amici”. (ska)

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