Ipoacusia da rumore

Si chiama ipoacusia da rumore, un tipo di sordità che colpisce chi, per professione, è esposto ai suoni e ai rumori ad alto volume. I ricercatori della Harvard Medical School hanno sperimentato in modo positivo l’efficacia del farmaco su topi con coclea danneggiata, rilevando che grazie all’LY411575 – questo il nome del farmaco – iniettato […]

Si chiama ipoacusia da rumore, un tipo di sordità che colpisce chi, per professione, è esposto ai suoni e ai rumori ad alto volume.
I ricercatori della Harvard Medical School hanno sperimentato in modo positivo l’efficacia del farmaco su topi con coclea danneggiata, rilevando che grazie all’LY411575 – questo il nome del farmaco – iniettato direttamente nell’orecchio, molti dei topi iniziavano a produrre nuove cellule ciliate cocleari,  si leggeva in un articolo sul  Corriere della Sera.
L’uomo e tutti i mammiferi, a differenza di pesci e uccelli, non hanno la capacità di rigenerare autonomamente le cellule ciliate. Ciò è dovuto alla presenza di una proteina denominata Notch che precedenti ricerche avevano identificato come un inibitore della trasformazione delle cellule staminali presenti nella coclea in cellule ciliate. Il farmaco -messo a punto per curare l’Alzheimer ma mai messo in commercio dall’azienda farmaceutica Eli Lilly – agisce neutralizzando proprio l’effetto inibitore del Notch e permettendo, quindi, alle staminali di differenziarsi. Per essere sicuri che si trattasse di nuove cellule ciliate originate dalle cellule di supporto e non di cellule guarite, gli studiosi americani hanno messo in atto una tecnica di manipolazione genetica rendendo fluorescenti le staminali e, di conseguenza, anche le nuove cellule ciliate alle quali hanno dato corpo.
Il capo-ricercatore Albert Edge della Harvard Medical School ha sottolineato che questo studio è importante dal momento in cui la perdita dell’udito colpisce all’incirca 250 milioni di persone nel mondo. E’ bene ricordare, infatti, che l’ipoacusia non coinvolge solo rockstar e operai delle segherie e dell’industria metallurgica, ma anche chi ha sofferto di gravi forme infettive auricolari, in particolar modo gli anziani. Si spera che la cura possa venire applicata anche sugli esseri umani, ma i ricercatori della Harvard School si sono affrettati a dichiarare che «c’è ancora molto da fare» prima che questo avvenga.
I topi trattati con il farmaco della Eli Lilly hanno riacquistato in parte l’udito, sentendo solo suoni molto forti. La sordità di questi roditori era dovuta all’esposizione a rumori violenti, condizione ben diversa da quelle che riguardano la degenerazione uditiva legata all’invecchiamento. E’ bene ricordare, infine, che i normali impianti cocleari funzionano abbastanza bene e per soppiantarli sarà necessario un farmaco ben più potente e mirato di quello utilizzato nel corso di questa sperimentazione.

Roberta Masci

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