L’Italia brucia

Tutto distrutto. Rimangono solo i muri perimetrali del museo della scienza di Bagnoli, realizzato nell’area ex Italsider negli anni 90, su iniziativa di Vittorio Silvestrini e per volontà di Antonio Bassolino, sul modello de La Villette di Parigi, andato a fuoco dal pomeriggio di ieri e nonostante l’intervento di cinque squadre di vigili del fuoco. […]

Tutto distrutto. Rimangono solo i muri perimetrali del museo della scienza di Bagnoli, realizzato nell’area ex Italsider negli anni 90, su iniziativa di Vittorio Silvestrini e per volontà di Antonio Bassolino, sul modello de La Villette di Parigi, andato a fuoco dal pomeriggio di ieri e nonostante l’intervento di cinque squadre di vigili del fuoco.
La Procura ha aperto un’inchiesta, ma intanto resta solo cenere di un simbolo del riscatto del Sud che non solo dava lavoro a 160 persone, ma costituiva anche una eccellenza ed un segno di propulsione ed ora sembra divenuto l’emblema, tragico e mesto, una Nazione che si incenerisce.
Tra i primi a commentare Nichi Vendola, secondo cui ”bisogna ricostruire e occuparsi dei dipendenti di quel gioiello del riscatto della Città di Napoli”. Belle parole, naturalmente, ma che non servono a rincuorare in una Italia sempre più povera, stracciona e priva di interessi culturali.
Un’Italia che, dice anche Marchionne, ha bisogno di ripartire, ma che, l’ingovernabilità del panorama dopo le ultime elezioni, porterà ad un rinvio degli investimenti, a meno che non ci sia una decisione drastica.
Così, a Ginevra, al Salone de L’Auto, l’ad di Fiat vaticina una uscita da l’euro, come sostenuto, in campagna elettorale dal PDL e dal Movimento 5 Stelle.
Il 2 gennaio è andato a fuoco l’ex Eliseo di Avellino, l’edificio di Del Debbio la cui distruzione corrisponde ad un’ustione indelebile dell’anima profonda del capoluogo Irpino.
Ora quest’altro rogo, nella serata di chiusura, quando non c’erano dipendenti e visitatori, come se vi fosse un disegno criminoso e la volontà di agire indisturbati e ridurre in cenere anni di sogni, successi e speranze.
Un disegno che è sincrono con la diffusa indifferenza verso crescita e cultura, in una Paese dove quest’ultima è un optional non solo nella vita di tutti i giorni ma anche per fare politica; dove il possibile futuro premier, che cita Clistene in un’intervista, viene criticato per il suo linguaggio poco consono alla comunicazione televisiva (come se la tv avesse completamente rinnegato la sua funzione educativa); dove la scuola e l’università per non parlare della ricerca e dell’innovazione sono mortificate ogni giorno da mancati investimenti.
Incultura ed incuria, con una politica che si perde in tatticismi e rinvia intese e strategie vitali, mentre annaspiamo ad un passo dal baratro economico e sociale, con quasi il 50% di giovani disoccupati e 8 milioni di noi senza un lavoro.
Difficilmente vedremo Bersani andare da Grillo con il capo coperto di cenere e difficilmente capiremo cosa vuole fare Grillo che ha detto no sia a governi d’intesa che tecnici.
Come scrive Rinascita, il primo appuntamento romano del M5S è servito ai 163 parlamentari a conoscersi; il secondo, invece, a conoscere meglio il capo. L’appuntamento romano alla presenza di Grillo e Casaleggio si è praticamente svolto a porte chiuse, tenendo fuori i soliti megafoni biforcuti. Sicuramente al primo posto della discussione vi è stata la questione della assoluta fedeltà al movimento, col pericolo legato all’articolo 67 della Costituzione che lascia piena libertà al parlamentare, senza alcun vincolo di mandato e rende i Grillini eletti anche solo con 50 voti, a rischio di “scilipotismo” di ritorno.
Certamente un fatto importante (si pensi al recentissimo caso Di Gregorio) e che si è svolto in vario modo negli ultimi venti anni.
Ma altrettanto certamente ora Grillo ed i suoi, dovranno dire cosa vogliono fare per la Nazione e non limitarsi solo a dei no o profetizzare l’uscita da l’euro.
Troppo poco abolire il finanziamento pubblico dei partiti e il numero e le prevbende dei parlamentari per far quadrare un bilancio che ha bisogno di miliardi.
Troppo poco risparmiare su grandi opere inutili come la Tav o gli F15 o pensare che si scoveranno, finalmente, i sempre illesi evasori fiscali.
Ci vuole un programma nutrito che affronti tasse e lavoro e sia in sintonia con l’Europa e non solo colpi di mano (per quanto egregi) come quelli che in Sicilia hanno abolito le Provincie con un risparmio di 700 milioni ed un possibile obolo di 1000 euro a famiglio bisognosa.
L’elemosina da sola non serve se non supportata da piani che incidano su reddito e produttività.
Dopo il rogo a Bagnoli, è rimasto in piedi solo lo splendido Teatro delle Nuvole e ci piace pensare che sia un segno sia di una tempesta che ancora si abbatte sulla nostra terra, ma anche del sereno che riusciremo a recuperare, cercando una intesa, come a politica deve saper fare.
Sono in molti a lavorare al tentativo di aggancio fra Pd e M5S. Racconta Pippo Civati che ci sta provando pure Don Gallo, il sacerdote genovese in prima linea contro la povertà e l’emarginazione, nonché king maker di Vendola e Doria, oltre a Veltroni e a tutti i residui prodiani.
E speriamo ci provi anche Matteo Renzi, che per ora vuole tenersi le mani libere, rinuncia, dopo averla annunciata, ad una riunione con i fedelissimi e certamente parteciperà alla riunione della direzione del partito, perché lo scenario è ancora troppo opaco per scegliere già di diversificarsi dal segretario ed è meglio, per ora optare per il profilo basso, evitando inutili polemiche.
C’è da sciogliere il nodo se portare alle estreme conseguenze o meno l’aut aut che lanciava ancora domenica il segretario: “o Grillo dà una mano o voto”.
Una mediazione è in corso e i pontieri puntano all’ammorbidimento dei toni, in modo da sintonizzarsi con gli appelli alla “misura” di Napolitano, il quale non può e non vuole sciogliere le Camere.
L’Italia brucia ed i pompieri non potranno discutere in eterno.

Carlo Di Stanislao

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