Scoperta acqua su una nuova stella, un nuovo sistema solare?

Immaginate quanta possa essere l’acqua contenuta in tutti i mari e gli oceani della Terra. Eppure, nonostante possa sembrarci un valore smisurato, nel cosmo di acqua ce n’è in quantità enormemente maggiori. L’ultimo, gigantesco ‘serbatoio’ di questo composto chimico che è fondamentale per la Vita, almeno quella che si è sviluppata sul nostro Pianeta, è […]

Immaginate quanta possa essere l’acqua contenuta in tutti i mari e gli oceani della Terra. Eppure, nonostante possa sembrarci un valore smisurato, nel cosmo di acqua ce n’è in quantità enormemente maggiori. L’ultimo, gigantesco ‘serbatoio’ di questo composto chimico che è fondamentale per la Vita, almeno quella che si è sviluppata sul nostro Pianeta, è stato scoperto sotto forma di vapore e ghiaccio attorno a DG Tau, una giovane stella situata in direzione della costellazione del Toro e distante da noi circa 450 anni luce. E lì ce ne sarebbe addirittura qualcosa comemigliaia di volte quella dei nostri oceani. La scoperta è stata realizzata da un gruppo internazionale di ricercatori, guidato daLinda Podio dell’Università di Grenoble e associata INAF, a cui partecipano Claudio Codella dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri e Brunella Nisini dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma, sfruttando le osservazioni condotte dal telescopio spaziale Herschel dell’ESA.

DG Tau ha pochi milioni di anni, ma tra alcuni miliardi di anni potrebbe diventare come il Sole e dal suo disco circumstellare si potrebbero formare pianeti, asteroidi e comete, in analogia al nostro Sistema solare. La ‘caccia all’acqua’ in questo ed altri sistemi simili diventa assai importante perché la presenza di questo composto può essere un indizio di condizioni favorevoli all’insorgenza della vita. Gli scienziati ritengono che la maggior parte dell’acqua in queste strutture si trovi nelle regioni più esterne del disco, dove le temperature sono molto basse, ben al di sotto di -100 gradi centigradi. “In queste condizioni, l’acqua si congela sulla superficie dei grani di polvere del disco, ricoprendoli con spessi mantelli di ghiaccio e rendendola così ‘invisibile’ alle osservazioni” spiega Linda Podio. “Tuttavia la radiazione molto energetica emessa dalla stella illumina e riscalda gli strati più superficiali del disco, così che i mantelli di ghiaccio sui grani di polvere possono sciogliersi rilasciando parte dell’acqua in fase gassosa”. Una volta in forma di vapore, le principali righe di emissione di questa molecola sono visibili a lunghezze d’onda del lontano infrarosso, non osservabili da Terra a causa dell’assorbimento atmosferico ma accessibili agli strumenti a bordo del satellite Herschel.

Così, anche il disco protoplanetario di DG Tau è stato passato al setaccio dallo spettrometro HIFI (Heterodyne Instrument for the Far-Infrared) di Herschel e l’analisi dei risultati è stata inequivocabile. “Ora possiamo dire con certezza che i nostri sospetti erano giusti. Siamo riusciti infatti ad osservare il vapor d’acqua nel disco di DG Tau – continua Linda Podio. L’analisi dei dati ci ha permesso di ricavare da quale regione del disco l’acqua viene emessa e derivarne l’abbondanza: la quantità di vapor d’acqua osservato equivale a centinaia o migliaia di oceani terrestri”.  I ricercatori sono riusciti anche a localizzare la posizione di questo enorme serbatoio, che si trova in una fascia compresa tra 10 e 100 Unità Astronomiche dalla stella (una Unità Astronomica equivale alla distanza Terra-Sole). Inoltre, poiché l’acqua in forma di vapore è solo una piccola parte del totale, se ne deduce che la quantità d’acqua intrappolata nei mantelli dei grani di polvere sotto forma di ghiaccio è assai maggiore.

“Questa scoperta ha delle implicazioni fondamentali per gli astronomi e i geologi che studiano l’origine del nostro Sistema solare, e in particolare l’origine dell’acqua sulla Terra” commenta Linda Podio. “Infatti l’ipotesi più accreditata è che il nostro pianeta fosse completamente ‘asciutto’ al momento della sua formazione e che l’acqua vi sia giunta circa 4 miliardi di anni fa, grazie ad asteroidi e comete che si sarebbero formati nelle regioni esterne del nostro disco per poi schiantarsi sulla Terra durante la fase che prende il nome di ‘intenso bombardamento tardivo’. La quantità di acqua che abbiamo osservato nel disco di DG Tau, una stella simile al nostro Sole, supporta decisamente questo scenario”.

Marco Galliani – INAF

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