Si vis pacem para bellum ?

Quello ucraino è un problema sempre più spinoso, con la Russia di Putin che accusa la Nato di “esasperare le tensioni” e questa, non il beneplacido della neo-ministra Mogherini, che preparare un progetto per spiegare truppe nell’Est europeo. Intanto Kiev dichiara che “una grande guerra” con la Russia è alle porte e che potrebbe provocare […]

guerraQuello ucraino è un problema sempre più spinoso, con la Russia di Putin che accusa la Nato di “esasperare le tensioni” e questa, non il beneplacido della neo-ministra Mogherini, che preparare un progetto per spiegare truppe nell’Est europeo.

Intanto Kiev dichiara che “una grande guerra” con la Russia è alle porte e che potrebbe provocare “decine di migliaia” di morti, mentre, secondo le stime dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, il numero degli sfollati interni in Ucraina è più che raddoppiato nelle ultime tre settimane, passando dai 117mila dello scorso cinque agosto a circa 260mila al primo settembre.

Mentre il segretario generale Onu Ban Ki-moon sostiene che non c’è una soluzione militare alla crisi ucraina, Federica Mogherini, neo-ministro degli Esteri al Parlamento europeo, spiega davanti alla Commissione Esteri del Parlamento, che “non esiste più un partenariato strategico” e questo “per scelta di Mosca”.

Deve essere dura la nuova lady Pesc, accusata da più parti di essere troppo filo-russa, sicché, stamani, nel suo primo incarico ufficiale, si è vista costretta a difendere strenuamente una posizione che è contro Mosca e che è stata comunque criticata da un numero elevato di deputati provenienti dai Paesi dell’Est, ma anche dalla Gran Bretagna, con alcuni che le hanno chiesto, maliziosamente, quando è stata l’ultima volta che ha incontrato il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov ed altri quando è stata l’ultima volta a Kiev.

C’è stato anche chi le ha fatto notare che il programma della presidenza italiana dell’Unione europea, pubblicato ai primi di luglio, prevede il perseguimento di un partenariato europeo con la Russia, oggi accusata di avere invaso con proprie truppe una parte dell’Ucraina orientale.

Ma lei non si è scomposta, seguendo il dettato del suo premier Renzi, il quale è famoso per glissare sugli imbarazzi delle contraddizioni e puntare altrove e più in alto.

Sul Sole 24 Ore Beda Romano ci informa che, sul campo, l’Ucraina perde posizioni e accusa Mosca di “aggressione aperta”, respingendo l’offerta di cessate il fuoco.

Di una vera e propria situazione di guerra parla anche Angela Merkel che in precedenza aveva taciuto, a causa dei molti interessi russo-tedeschi.

Putin si sente forte e di fronte alla minaccia europea di nuove, pesanti sanzioni, dice che spera, invece, “prevalga il buon senso.

Chi è preoccupato è il premier polacco, Donald Tusk, appena nominato presidente del Consiglio dell’Ue, che commemorando a Danzica il 75mo anniversario dell’invasione della Polonia da parte della Germania nazista, ha evocato il pericolo che si ripeta un altro settembre 1939.

Il presidente Putin chiede “negoziati immediati” su quella che ormai chiama “Novorossia”, un nuovo stato russofono insediato nell’Ucraina dell’Est, convinto che sarà accontetato dal momento, come ha detto in una recente intervista: “sarà difficile per i paesi europei riconquistare il mercato russo, dove stanno sbarcando nuovi importatori dall’America latina e dalla Cina”.

Al summit in programma giovedì e venerdì in Galles, la Nato darà vita a una forza di reazione di quattromila unità, tra soldati e commandos, in grado di essere schierata entro 48 ore in qualsiasi Stato membro dell’Alleanza.

Insomma Russia e Ue mostrano i muscoli e cominciano a ringhiare, ignorando ciò che saggiamente ha detto
il segretario generale dell’Onu, deplorando una “situazione caotica e pericolosa” dalle conseguenze “regionali e mondiali”, disastrose e che va risolta non con le armi, ma attraverso “un dialogo politico”.

Invece, a quanto pare, la Nota, la Mogherini e parte della Ue, credono che avesse ragione Vegezio e che, per avere la pace, bisogna preparare una guerra e che fossero dalla parte della ragione anche Cornelio nepote e Cicerone, che pensavo che per godere della pace bisogno preparare una guerra.

La storia ci dice che non è così e che non è mai stato così, con la sola eccezione, peraltro sostenuta solo da alcuni, che il motto “si vis pacem para bellum” fu, usato da due uomini illustri, lo zar Nicola ed il presidente francese Faure, durante un incontro importante, nel 1898, permise, ma solo quella volta, il ritardo dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, di ben 16 anni.

Lo storico Vincenzo Ilari, già lo scorso marzo, interrogandosi sui possibili sviluppi della crisi ucraina, ha parlato di possibile “terza” guerra mondiale, dopo un intervallo “armato”di settant’anni.

La sua interessante analisi, comunque, è che questa al momento non scoppierà e non perché non la vuole la Russia, bensì perché non la vuole l’Occidente, Usa in testa.

Ricordandoci che alla fine Roma decise la distruzione di Cartagine non perché era troppo forte, come diceva Catone, ma perché era troppo debole per resistere ai numidi e i romani non volevano trovarseli a un tiro di schioppo dalla Sicilia, ilari sostiene che se un giorno Usa e Occidente volessero davvero far esplodere la Federazione russa, il problema non sarebbe la sua capacità di resistenza, ma l’impossibilità non solo di governare, ma anche solo di immaginare le conseguenze e le ripercussioni nell’Euopa orientale, con rivolte certe contro l’imperialismo polacco e, di conseguenza,l’anarchia sui due versanti del Caucaso.

Carlo Di Stanislao

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