Cronache feroci

La ferocia attraversa il mondo con passo instancabile e con maschere varie, sui campi di battaglia e nelle case, dove mariti uccidono le moglie a colpi di bastone o nei quartieri più popolari, dove un ragazzo diciassettenne muore, colpito da una pallottola dopo che non si era fermato ad un alt dei carabinieri, perchè sullo […]

Immagine (22)La ferocia attraversa il mondo con passo instancabile e con maschere varie, sui campi di battaglia e nelle case, dove mariti uccidono le moglie a colpi di bastone o nei quartieri più popolari, dove un ragazzo diciassettenne muore, colpito da una pallottola dopo che non si era fermato ad un alt dei carabinieri, perchè sullo scooter erano in tre ed avevano paura ed uno di loro era un pregiudicato, per di più latitante.

Si muore fra grida di dolore o in silenzio, in un mondo che ha fatto della morte il suo totem atroce, da agitare con spavento, per cancellare ogni sogno ed ogni residua speranza.

“L’identikit del bravo ragazzo una volta era ben diversa da quella che oggi”, ha detto amaro Luigi Bobbio, per anni pm anticamorra a Napoli, poi senatore e sindaco di Castellammare di Stabia, oggi giudice al Tribunale civile di Nocera Inferiore, con giudizi duri che posta su facebook, che rivendica pienamente e che ricordano il Pasolini di “Villa Giulia”, quando dice che, a suo giudizio, il carabiniere che ha sparato “è la sola è unica vittima di quanto è accaduto”; una “vittima del senso del dovere e del fatto di essere chiamato a operare in una realtà schifosa la cui mentalità delinquenziale e la inclinazione a vivere violando ogni regola possibile è la normalità”.

E’ anche questo fa la ferocia , confonde tutto e rende impossibile il giudizio.

Si muore, atrocemente nel Burundi, dove tre missionarie saveriane del convento di Kamenge alla periferia della capitale Bujumbura, sono state barbaramente uccise da qualcuno che non ha ancora un nome, né un motivo per tanta efferatezza, brutalità e ferocia.

Le tre salme non rientreranno in Italia, ma riposeranno nel cimitero di Panzi, vicino ad altri missionari che sono morti o sono stati uccisi in questa tormentata regione, con i tre nomi a ricordarci che sono morte nel cuore di quell’Africa a cui avevano dedicato la vita da missionarie per aiutare gli ultimi nel nome del Vangelo, uccise da uno squilibrato che forse avevano accolto e cercato di aiutare.

Due erano venete ed l’altra lombarda, due accoltellate barbaramente e l’altra, l’ultima, decapitata.

Nel Paese è scattata la caccia ai killer, mentre nella loro missione si sta preparando una lunga veglia notturna per celebrare la loro presenza e le loro fatiche spese a favore delle comunità della zona. Giovedì mattina le salme saranno trasportate a Bukavu per un ultimo incontro di preghiera, prima della sepoltura.

La paura serpeggia nel mondo e si insedia sotto le nostre case, col primo caso sospetto di Ebola che riguarda una nigeriana di 40 anni, ricoverata nell’ospedale di Civitanova, con sintomi riferibili alla febbre emorragica che ha fatto oltre 3.000 morti sin’ora, che sembrava il solito caso “mediatico” ed invece è un’altra maschera del terrore che non sappiamo fermare, anche se la Commissione europea annuncia di aver stanziato altri 3 milioni di euro per far fronte all’epidemia di nell’Africa Occidentale, portando gli aiuti complessivi ai paesi più colpiti a 147 milioni.

Chi non ha paura (o almeno così pare), è Matteo Renzi, che ieri ha visto il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan e il commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli ed oggi ha convocato i vari ministri per dire loro che dovranno risparmiare 20 miliardi, con tagli di budget del 3% ciascuno.

Non tagli lineari, fra trapelare il governo, ma frutto di una valutazione politica collegiale che non metta i singoli ministri davanti “a un muro”.

Il ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, dalla Summer School di Magna Charta, ha ribadito come un riordino dei costi standard sia necessaria ma “senza procedere a nuovi tagli”; mentre Alfano, a capo degli Interni, dice che esistono, nonostante tutti, i soldi per scongiuasre il blocco stipendiale dei poliziotti.

Ciò che è certo è che il “redde rationem” tra Carlo Cottarelli e Matteo Renzi dopo lo scontro prodottosi tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, ha prodotto la forte convinzione nel premier che i tagli vanno fatti e nell’arco di 1.000 giorni.

Mentre giovedì e venerdì, nella riunione informale Ecofin a Milan, Renzi punta a presentarsi con un piano per la spending review in fase già avanzata, reclama da subito una progressione anche per il job act, fermo in Commissione Lavoro a Palazzo Madama, con la querelle tra Pd e Ncd sull’art.18.

E per ribadire quel concetto di riforme in cambio di maggiore flessibilità che ripete sin dai primi giorni del suo mandato e che, alla luce del “patto del tortellino” siglato a Bologna con i leader socialisti europei, segnerà la differenza, vuole che il piano si attuato con decisione; ma, al contempo, non vuole lacerazioni interne e tende la mano a chi, nel Pd, gli è avverso, dicendo: “dobbiamo stare assieme”, con una apertura, da Bologna, a Pierluigi Bersani, in platea, che ringrazia per essere tornato “grintoso dopo il coccolone”, e alla sinistra interna, soprattutto a quella dissenziente.

Una apertura a cui si aggiunge l’omaggio a Giorgio Napolitano: “un grande italiano che ha sopportato una campagna indecente e indecorosa per essere stato costretto a dare una mano agli italiani ed aver chiesto di rendere il sistema capace di funzionare”.

Non intende mollare Renz e neanche cambiare strategia, come Luca Cordero Di Montezemolo che, dopo l’ennesimo disastro della Ferrari a Monza, è incalzato da Marchionne che reclama la sua testa.

Alla vicenda si aggiunge il forte attacco del patron di Tod’s Diego Della Valle che è socio di Montezemolo in Ntv, la società del treno veloce Italo, sempre più in difficoltà e che definisce l’ad del Lingotto “un furbetto cosmopolita, che fa annunci e promesse a vuoto agli italiani e ai suoi dipendenti” prendendosela con le dichiarazioni fatte a Cernobbio dal manager, su problemi e priorità del paese.

I rumors sulla possibile uscita di scena di Montezemolo, dopo 23 anni alla Ferrari, 14 titoli mondiali, di cui 8 costruttori e 118 vittorie nei Gran Premi, si rincorrono da tempo.

Certo è che non intende mollare senza combattere, né senza ristabilire i meriti che ha avuto e che ora sembrano dimenticati.

Senza meriti, invece, appare l’Italia agli occhi della stampa indiana, che, in questi giorni, nel momento in cui pare aprirsi uno spiraglio per Massimiliano Latorre, colpito da ischemia e detenuto, con l’altro marò da due anni in quel Paese, il cui nuovo ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj dichiara che se la Corte Suprema concederà l’autorizzazione al suo rientro in Italia per ragioni umanitarie “noi non ci opporremo”; scrive che una grande democrazia, con un miliardo di abitanti, non deve tener conto di un paese con soli 60 milioni di cittadini e per di più screditato.

Secondo fonti giudiziarie, l’istanza esaminata oggi dalla Corte Suprema per ottenere un rientro terapeutico in Italia del fuciliere ammalato, menziona un periodo di tre o quattro mesi necessari al suo completo ristabilimento e nel caso di una concessione del permesso, si porrebbero comunque delle condizioni a garanzia che, si è appreso, l’Italia è pronta ad accettare.

Per cercare di recuperare posizioni il nostro Paese è entrato a far parte della ‘core coalition’ per l’Iraq” per contrastare l’avanzata dello Stato Islamico in Medio Oriente, come richiesto dal segretario di Stato americano, John Kerry, con il sempre impavido Matteo Renzi che ha sottolineato la convinzione di tale scelta al termine del vertice Nato svoltosi il 5 e 6 settembre a Newport, in Galles, negli stessi giorni in cui la Russia di Putin metteva a segno l’ennesimo colpo, rendendo possibile la firma del il cessate-il-fuoco tra il governo di Kiev e le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Luhansk, scippando per l’ennesima volta alla Casa Bianca il ruolo da protagonista e togliendo al vertice la materia principale su cui discutere.

Naturalmente la posizione italiana resta incerta ed ambigua, divisa fra la paura di perdere i favori di Usa e Nato, ma anche di doversi confrontare con la Russia arrabbiata.

In attesa di chiarire la sua posizione sul delicato tema ucraino, la nostra posizione è quella solita degli impegni dimezzati e dei “ni” emessi a mezza bocca.

A quanto sembra di capire, oltre alle note basi italiane da cui possono decollare i jet dell’Alleanza Atlantica, l’Italia interpreterebbe il ruolo chiave dell’intermediario, anche perché il nostro Paese non ha sufficienti risorse economiche da impiegare attivamente in una guerra.

Siamo incerti, poveri e deboli e nonostante la spavalderia di Renzi, davvero poco credibili o utili, per chiunque.

Sono trapelate in questi giorni indiscrezioni sul nuovo episodio (il settimo) di Guerre Stellari, affidato al regista d’azione J.J. Abrams, che dovrebbe uscire il prossimo Natale e partire da un incipit davvero molto accattivante.

Due personaggi dall’identità non ancora chiara (interpretati da Daisy Ridley e John Boyega) trovano una mano mozzata che tiene un light saber e scoprono che questa è di Luke Skywalker, rinvenuta 30 anni dopo l’ultimo conflitto tra ed il padre Darth Vader.

Questo inizio per dirci che il male riemerge sempre, anche quando sembra distrutto e scongiurato.

E che sono soprattutto la confusione e la paura, a consentire al male di crescere, ingigantirsi e proliferare, in un viluppo tentacolare che sembra avvolgere tutto.

Sicché più che vincerlo il male va prevenuto, come il cancro, secondo il dettato di Siddhartha Mukherjee ne: “L’imperato del male. Una biografia del cancro”, premio Pulitzer nel 2010, che ci racconta che contro certi nemici bisogna sfruttare la conoscenza dei meccanismi con cui si instaurano, piuttosto che con una guerra condotta con ampio spiegamento di mezzi, ma scarsa accuratezza e, pertanto, scarsissimi risultati.

Ad ottobre del 2004, la Bbc mandò un documentario dal titolo emblematico: “The Power of Nightmares”, ovvero: “Il potere degli incubi” e per sottotitolo: “L’avvento della politica della paura”, che parte con l’idea di esaminare l’ascesa del moderno conservatorismo americano, pilotato dal filosofo Leo Strauss fin dagli anni cinquanta, che vede gli Stati Uniti protagonisti di un combattimento contro il male del resto del mondo, ruolo sostenuto dall’uso dei grandi miti presentati come propaganda politica.

Poi si focalizza sul “gran mito” stesso, cosi come oggi appare post 11 settembre e da molti identificato con l’Al Qaeda.

Per chiudersi con Bill Durodie, un ‘esperto di sicurezza mondiale al King College di Londra, che dice che spesso i governi presentano la lotta contro i terroristi come qualcosa di “significato assolutamente cosmico” e ne fanno uso per fare quello che vogliono e che pertanto il male avanza perché il bene si retrae e, per convenienza, gli spazi per il terrore e la ferocia diventano sempre più ampi.

Una vecchia poesia di Alda merini dice che: La cattiveria è degli sciocchi, di quelli che non hanno ancora capito che non vivremo in eterno”.

Ma intanto il male trionfa, in compagnia della paura, con la morte, la pestilenza, la carestia e la guerra a fare da cornice, come nell’Apocalisse di Giovanni, come nel quadro di Viktor Michajlovič Vasnecov o nella scultura di Federico Servino o nel romanzo di Vicente Blasco Ibáñez, base per il film che lanciò Rodolfo Valentino, i ripreso nel 1962 da Vincente Minnelli, che ne fece uno struggente riadattamento ambientandolo durante la ferocia della II Guerra mondiale.

Carlo Di Stanislao

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