Guerra planetaria per capitoli e petrolio

Qualche giorno fa, il 18 agosto, papa Francesco aveva definito quella che si combatte per focolai in tutto il mondo, “una terza guerra mondiale per capitoli” ed aggiunto che la risposta non deve venire da singoli paesi, ma dall’Onu, che dovrebbe trovare i modi per fermare le aggressioni, specificando che “fermare” non equivale a “bombardare”. […]

guerraQualche giorno fa, il 18 agosto, papa Francesco aveva definito quella che si combatte per focolai in tutto il mondo, “una terza guerra mondiale per capitoli” ed aggiunto che la risposta non deve venire da singoli paesi, ma dall’Onu, che dovrebbe trovare i modi per fermare le aggressioni, specificando che “fermare” non equivale a “bombardare”.

Oggi sono in molti a scrivere sui quotidiani, che quelle che stanno incendiando l’Africa, l’Europa e l’Asia, sono i punti di una guerra di carattere planetario, alimentata da interessi geopolitici rivolti alle risorse energetiche, che fanno leva su antichi asti e secolari rivalità religiose, etniche e tribali.

Anche nella grande crisi scoppiata fra Russia ed Ucraina al centro vi è soprattutto un interesse economico: il il gas, interesse e risorsa che e presto si farà sentire, dal momento che, dal 16 giugno, la Russia ha interrotto le forniture all’Ucraina, denunciando il mancato pagamento delle bollette da quando il cambio di regime a Kiev ha spinto Mosca ad alzare le tariffe.

E, a differenza del passato, ora Mosca, chiudendo i rubinetti a Kiev, non si preoccupa, a differenza del passato, di evitare ricadute sui clienti europei ed anzi è molto concreto il rischio di sue ritorsioni in risposta alle sanzioni europee, malgrado queste abbiano accuratamente evitato il settore.

A Gaza è ripresa la guerra, dopo una tregua di sole 72 ore, con Hamas e le altre fazioni che hanno ripreso un fitto lancio di razzi su Israele e dopo un’ora, l’esercito israeliano, che su ordine del premier Benyamin Netanyahu e del ministro della difesa Moshè Yaalon, ha dato il via a nuovi raid, mentre al Cairo continua l’affannoso lavoro per cercare di riannodare il negoziato.

Ieri, da Tel Aviv, il presidente israelianoha fatto sapere che l’offensiva sulla Striscia proseguirà: “Ci stiamo organizzando nell’eventualità che essa prosegua anche dopo l’inizio dell’anno scolastico”, ossia dopo il primo settembre. Ed ha aggiunto che:  “Hamas è come l’Isise che essi sono due rami dello stesso albero velenoso”, poiché entrambi “mirano a un Califfato e negano i diritti umani”. Da Israele riprendono anche gli avvertimenti alla popolazione palestinese.

Penso a che cosa genererà fra i militari israeliani più sensibili questa nuova invasione, dopo che quella del Libano del ’92 ha dato vita a quel capolavoro dolente che è “Valzer con Bashir”, presentato in concorso al Festival di Cannes 2008, vincitore del Golden Globe 2009 per il miglior film straniero; candidato all’Oscar 2009 e anche al David di Donatello e al Nastro d’Argento, con il suo autore Ari Folman che usando l’animazione ha creato un manifesto forte e poetico contro la guerra, rafforzato ulteriormente dalla uscita in simultanea di un fumetto, scritto e illustrato con David Polonsky, in cui si racconta la stessa storia, ma con i disegni preparatori alla pellicola, riadattati a un tipo di narrazione diversa, facendoci soffrire nuovamente, di fronte alle atrocità di quella guerra e di ogni guerra.

In Nigeria il gruppo BokoHaram dichiara di aver creato uno Stato Integralista Islamico e gli Stati Uniti si preparano ad intervenire, con aiuti da parte di Francia e Inghilterra, ma non solo perché la Nigeria è prossima al Niger, al Mali, recente teatro delle operazioni francesi e anglosassoni e con la Libia, un paese collasso, alle prese con continui rovesciamenti del potere.

Piuttosto perché tutta quell’ area è piena di petrolio e solo per questo gli USA hanno investito l’Eliseo della carica di loro portavoce, e dopo aver garantito un sostegno tecnico-logistico al governo di Abuja in cambio di un maggiore controllo del Delta del Niger, sono ora pronti ad intervenire sul campo.

Su il Fatto Quotidiano, Augusto Rubei ponendosi la domanda che molti si fanno in queste ore, su come una milizia non dichiaratamente affiliata adAl Qaeda riesca ad intraprendere azioni dai risultati terroristici così devastanti, si risponde dicendo che probabilmente la galassia qaedista contribuisce a finanziare le casse di Boko Haram in cambio della garanzia che il gruppo non tenti di travalicare il proprio territorio, e quindi spingersi verso il Maghreb, o magari verso la Somalia e il Kenya, dove Al Shabaab mantiene una posizione dominante.

Ma poi conclude dicendo, saggiamente, che la vera minaccia è la Cina, che, pare abbia investito oltre 75 miliardi di dollari in cinquanta Paesi africani tra il 2000 e il 2011, in almeno 1.700 progetti e che, poche settimane fa, con Shanghai e la Russia, ha siglato uno storico contratto per il gas pari a 400 miliardi, che certamente tiene occupata la mente di Obama molta più delle 270 studentesse rapite.

Quanto alla Libia, oggi a Tripoli nessuno più comanda, mentre si scontrano principalmente due gruppi: la milizia di Zintan, una città del nordovest e un gruppo armato nato dall’alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti.

Nella capitale, intanto, mancano a tratti internet, la rete dei cellulari e l’acqua, ed aumentano i problemi sanitari da quando, il governo di Manila ha chiesto ai 13mila filippini presenti di lasciare il Paese, dove 3000 di loro lavorano come infermieri e medici.

E continuano, da due anni, le tensioni nel Mar Cinese Meridionale, tensioni che potrebbero, in ogni momento, portare ad un conflitto su vasta scala, con una disputata che riemerge a tratti tra più per il controllo di alcuni arcipelaghi, con finalità estrattive e strategiche ed uno scontro diplomatico tra Cina e Giappone per la sovranità delle isole Senkaku, reclamate anche da Taiwan, sempre per quella autostrada nera e liquida fatta di petrolio che collega porti come Hong Kong, Shanghai, Tientsin, Dalian, Shenzhen e persino la Sud Corea allo Stretto di Malacca e che vale più di 15 milioni di teu l’anno e lungo la quale passa il 50% del petrolio mondiale.

Nel suo capolavoro incompiuto “Petrolio”, Pasolini voleva, attraverso il giovane protagonista, il Merda, rappresentare allegoricamente la crisi italiana.

Adesso pensando al petrolio come causa vera di guerre insensate, atroci e fratricide, viene in mente una allegoria di portata più planetaria e globale, per raccontare la quale le parole sono insufficienti come è insufficiente il raziocinio e per questo, si dovrebbe dilavasre verso l’insensato, con inserti in greco o neo-greco e persino in giapponese o in qualsiasi altra incomprensibile lingua del mondo.

Nel suo etimo latino il petrolio è il nefando olio delle pietre, il sangue scuro e malato della terra, che nel suo Dizionario della lingua italiana (1861-1879) il grande lessicografo Niccolò Tommaseo, definisce in attributo: “rozzo” e “non pulito”, come di fatto è stato e continua ad essere, con la messa a punto, nell’800, del motore a combustione interna, mentre prima, in Cina e Persia e da noi, come ricorda il Boccaccio, era fonte di luce e di salute, chiamato olio-petrolio, usato per le lampade o come medicamento.

 Carlo Di Stanislao

 

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