L’Aquila: breve storia del Grande Albergo Turistico

  Chi entra in Corso Federico II provenendo dalla Villa Comunale viene accolto, sulla destra, da un edificio dalle forme essenziali e da un rivestimento in travertino e una cortina in laterizi che gli donano un’eleganza sobria e severa. Si tratta del Grande Albergo Turistico di L’Aquila che da decenni caratterizza lo spazio urbano a ridosso dei giardini pubblici della […]

 

AlbergoChi entra in Corso Federico II provenendo dalla Villa Comunale viene accolto, sulla destra, da un edificio dalle forme essenziali e da un rivestimento in travertino e una cortina in laterizi che gli donano un’eleganza sobria e severa. Si tratta del Grande Albergo Turistico di L’Aquila che da decenni caratterizza lo spazio urbano a ridosso dei giardini pubblici della ‘Villa Comunale’, davanti all’importante e frequentato incrocio tra via XX settembre, viale Crispi, corso Federico II e viale Luigi Rendina.
L’idea dell’Amministrazione comunale di dotare Aquila degli Abruzzi di un Grande Albergo risale al 1929. La scelta della localizzazione andò su una zona della città marginale rispetto all’abitato nei secoli precedenti ma che tra gli anni ’20 e ’30 del XX secolo divenne oggetto di numerose iniziative di edilizia pubblica monumentale. Lo sviluppo dell’area era iniziato, a partire dall’Ottocento, con la costruzione di Porta Napoli (1820) che di fatto prolungava l’asse nord-sud del Corso e ‘cuciva’ la futura
Villa Comunale con il tessuto urbano piu’ antico; il processo proseguì con l’apertura di via XX settembre (1874), la realizzazione del viale di Collemaggio e la parziale destinazione edilizia a villini successiva al terremoto della Marsica del 1915.
Per il Grande Albergo furono espropriati inizialmente due grandi lotti dei quali quello più a monte fu successivamente ceduto all’INFPS (Istituto Nazionale Fascista per la Previdenza Sociale) che vi realizzò la propria sede con prospetto ad angolo tra Corso Federico II e via dei Giardini. Il progetto del Grande Albergo Turistico interessò quindi il lotto più a valle sul quale sorgeva un fabbricato di proprietà Frasca al quale si aggiunse la confinante proprietà Vastarini-Cresi sulla quale sorgeva un altro edificio. L’area complessivamente interessata dall’albergo e dalle pertinenze corrispondeva all’isola urbana delimitata da Corso Federico II,
viale Luigi Rendina, via di San Michele e via dei Giardini. Le trattative per l’esproprio, iniziate nel 1933, si conclusero nel 1939 con la demolizione del fabbricato Frasca mentre l’edificio Vastarini-Cresi sarebbe dovuto diventare una dipendenza del Grande Albergo; successivamente fu invece destinato ad altro uso, indipendente dal vicino albergo (Stockel, 1981). L’edificio Vastarini-
Cresi è ancor oggi visibile all’angolo tra via di San Michele e via dei Giardini e si presenta danneggiato dal terremoto del 2009 che ne ha provocato il crollo parziale della copertura e dell’ultimo piano.
Il primo progetto del grande Albergo fu affidato nel 1936 all’architetto Gino Franzi di Roma e sottoposto a diverse varianti; seguì nel 1939 Albergo1il progetto dell’ingegner Bernardino Valentini che nel 1940 venne approvato nella versione definitiva la quale determinò l’aspetto attuale dell’edificio. Particolarmente interessante il prospetto su viale Luigi Rendina (lato dei giardino pubblici) nel quale sivede, sulla destra, l’ingresso al ‘Grande Garage Centrale’; secondo testimonianze dirette, negli anni della Seconda Guerra Mondiale i locali del garage erano utilizzati come sala da ballo.
Al di sopra dell’ingresso al garage, sempre lo stesso prospetto ci mostra un ordine di arcate ‘a giorno’, tuttora visibili, che delimitano un bel giardino adiacente l’albergo e funzionale alle esigenze dei clienti.
La presenza di un ampio spazio destinato a verde era espressione di una cultura architettonico-urbanistica che ancora
alcuni decenni fa era molto attenta al verde pubblico con la realizzazione di alberature lungo i viali, nelle piazze e anche davanti ai singoli edifici, pubblici e privati.
Lo spazio del giardino accanto al Grande Albergo è ancora oggi visibile, soprattutto da via San Michele, ma versa purtroppo in stato di abbandono. Sarebbe un beneficio per la città se il restauro dell’albergo prevedesse anche il recupero di questo ampio giardino abbandonato, parte integrante dell’originale idea architettonica, restituendo alla città un elegante spazio verde che richiama indirettamente l’elemento degli orti urbani che per secoli hanno caratterizzato il contesto urbano aquilano; alcuni di
essi, tra l’altro, sono ancora esistenti e visibili tra le vie del centro cittadino.

Mauro Rosati
Vicepresidente Archeoclub L’Aquila

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