Iraq: l’esercito di Baghdad, senza gli Usa, avanza nella città sunnita: cresce il timore di rappresaglie o punizioni collettive

Stavolta nel mirino degli aerei da guerra della coalizione sono finite le vie di comunicazione e rifornimento dello Stato Islamico, e non semplici postazioni militari. L’offensiva è cominciata due settimane fa e sabato – ha fatto sapere ieri la coalizione – ha permesso la distruzione delle vie usate a nord della Siria dai miliziani islamisti […]

iraq 00Stavolta nel mirino degli aerei da guerra della coalizione sono finite le vie di comunicazione e rifornimento dello Stato Islamico, e non semplici postazioni militari. L’offensiva è cominciata due settimane fa e sabato – ha fatto sapere ieri la coalizione – ha permesso la distruzione delle vie usate a nord della Siria dai miliziani islamisti per rifornirsi di armi e miliziani dal confine turco e da quello iracheno.

“Le forze anti-Isis hanno occupato porzioni cruciali della Strada 47 in Siria, via di comunicazione e rifornimento dello Stato Islamico verso l’Iraq – ha aggiunto il capo delle operazioni occidentali, James terry – Novantaquattro villaggi sono stati liberati e armi e veicoli islamisti sono stati distrutti”.

Target dei raid è stata l’area della città assira di Tel Hamis, per la quale stanno combattendo da giorni islamisti e kurdi: punto di snodo verso la frontiera irachena, la presa di Tal Hamis – prima roccaforte dell’Isis, e dal 27 febbraio in mano ai kurdi di Rojava – permetterebbe ad entrambe le parti di garantirsi libertà di manovra nella zona.

Il califfato risponde con un’altra dura offensiva, lanciata stamattina nel tentativo di occupare la città di Ras al-Ain al confine nord con la Turchia. Sono in corso in queste ore scontri con i combattenti kurdi delle Ypg a difesa della regione di Rojava, per ora a cadere in mano islamista è stato un villaggio vicino.

E se la coalizione sostiene concretamente le forze anti-Isis sul terreno in Siria, in Iraq resta all’angolo: l’offensiva del governo di Baghdad per riprendere il controllo della città di Tikrit sta proseguendo senza l’appoggio statunitense. Da subito gli Usa hanno negato il proprio sostegno, adducendo come giustificazione il timore di un incremento dei settarismi interni (Tikrit, città natale di Saddam Hussein, è comunità sunnita), seppure tra i volontari che fiancheggiano l’esercito regolare ci siano anche miliziani tribali sunniti, schierati contro il califfo. A preoccupare è piuttosto l’ingente presenza dell’Iran, con il generale Suleimani, capo dell’élite Quds delle Guardie Rivoluzionarie a guidare in prima linea l’avanzata.

Ieri le forze di Baghdad, i miliziani sunniti e sciiti e i militari iraniani (30mila truppe) hanno occupato ampie aree della città, alla periferia, dopo una settimana di duri scontri. Sono stati ripresi edifici governativi, tra cui il consiglio provinciale e la sede del governatorato, mentre i palazzi di Saddam sono stati circondati. E la bandiera irachena veniva issata sull’ospedale militare di Tikrit, a poca distanza dal palazzo presidenziale.

Secondo i comandanti militari iracheni, Tikrit cadrà a breve: molti dei combattenti dell’Isis, fanno sapere in condizione di anonimato, hanno cominciato a ritirarsi dalla città, tanto che ieri le forze governative hanno incontrato sulla loro via ben poca resistenza. Molto più consistente la resistenza opposta dallo Stato Islamico nel quartiere nord di Qadisiya: l’Isis ha bombardato un ponte che conduce alla comunità di Alam, già ripresa da Baghdad, per impedire l’ingresso a Tikrit da nord delle forze governative.

Tikrit tornerà probabilmente in mano a Baghdad, ma – temono molti analisti – potrebbe rappresentare il punto di non ritorno delle divisioni interne del paese. Parte del cosiddetto triangolo sunnita iracheno, è stata teatro di massacri di sciiti da parte dell’Isis. Ora quegli stessi sciiti potrebbero andare alla caccia di vendetta e concludere l’operazione per la ripresa della città in una punizione collettiva della comunità sunnita. Una possibilità non così remota, visto che nei mesi passati alcune milizie sciite hanno compiuto raid, saccheggi e massacri nelle zone liberate dall’Isis, tanto da spingere il premier al-Abadi a fare appelli all’unità e a decidere di schierare accanto ai miliziani sciiti anche volontari sunniti.

Alla divisione tra sunniti e sciiti, si aggiunge il ruolo dei peshmerga kurdi che, dopo aver combattuto in prima linea per impedire l’avanzata islamista, ora pretendono di prendere parte in grande stile all’eventuale battaglia per Mosul. Nel frattempo, si garantiscono mantenendo il controllo su Kirkuk, la zona più ricca di petrolio del paese, da agosto in mano ai kurdi di Irbil.

“Questione di tempo prima che Tikrit venga ripresa – spiega oggi su Al-Jazeera il giornalista Sharif Nashashibi – Ma la vittoria non può essere vista solo da una prospettiva militare. Visti i precedenti, c’è il serio rischio di rappresaglie settarie contro la popolazione civile. Il premier al-Abadi che ha detto in una dichiarazione ‘Non c’è spazio per la neutralità nella battaglia contro l’Isis, chi è neutrale è contro di noi’. Una dichiarazione che potrebbe essere interpretata come il permesso a colpire chiunque non abbia preso le armi contro gli islamisti. Come la possibilità di una punizione collettiva. Eppure se ci fossero delle vendette settarie, si rafforzerebbe proprio l’Isis che tenta di mostrarsi come il difensore dei sunniti contro l’aggressione sciita”. Nena News

 

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