Riforme: strappo minoranza Pd

Ieri sera e’ arrivata una fumata nera che getta un velo di incertezza sul cammino delle riforme. La nuova riunione del Pd a palazzo Madama col nuovo tentativo di mediazione tra maggioranza e minoranza e’ andata a vuoto. Stavolta lo ‘strappo’ tra le due anime del partito sulle riforme e’ rappresentato dalla decisione della senatrice […]

Ieri sera e’ arrivata una fumata nera che getta un velo di incertezza sul cammino delle riforme. La nuova riunione del Pd a palazzo Madama col nuovo tentativo di mediazione tra maggioranza e minoranza e’ andata a vuoto.
Stavolta lo ‘strappo’ tra le due anime del partito sulle riforme e’ rappresentato dalla decisione della senatrice Doris Lo Moro di lasciare il tavolo. La ragione del gesto e’ spiegata dalla stessa parlamentare, bersaniana di ferro, secondo la quale ci sarebbe una “divergenza” tra quanto avviene nelle riunioni e quanto viene comunicato all’esterno e il riferimento sembra essere alle parole di molti esponenti di governo e della maggioranza Pd che hanno a piu’ riprese ribadito come l’articolo 2 non sia in discussione. Si tratta dell’articolo che riguarda l’elezione o, meglio, la non eleggibilita’ dei senatori (che verrebbero nominati dalle regioni e da altri enti senza passare per il voto popolare). Passaggio che i ‘dissidenti’ dem vogliono sia corretto in funzione di un Senato ancora elettivo. Il presidente del Consiglio ufficialmente continua a ripetere che e’ competenza del Presidente del Senato, Pietro Grasso, decidere sull’ammissibilita’ o meno degli emendamenti.

Ma, allo stesso tempo, Renzi non manca di sottolineare come il testo del ddl Boschi sia stato approvato “con doppia votazione conforme” dalla Camera e dal Senato”.

L’emendabilita’ dell’articolo 2, dunque, e’ appesa a un preposizione che compare al comma 5 dell’articolo 2, dove un “nei” e’ diventato “dai”. Un particolare, certo, ma che potrebbe portare il Presidente del Senato a propendere per l’emendabilita’. Grasso, ormai da settimane, e’ sottoposto alla pressione delle opposizioni e della minoranza dem, da una parte, e della maggioranza dall’altra. Una pressione che lo ha portato a ribadire come le scelte del Presidente possano essere prese solo nel momento in cui il ddl arriva in Aula.

E’ stata pero’ la Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Anna Finocchiaro, a giudicare inammissibili gli emendamenti al testo votato da Camera e Senato, senza che ci sia un accordo fra tutti i capigruppo. Per questo, i presidenti dei gruppi di Palazzo Madama hanno convocato una riunione per oggi pomeriggio alle 15, in sala Pannini. Al di la’ dei tentativi di mediazione, il governo potrebbe decidere di giocare la carta dell’Aula, senza altre discussioni in commissione. La richiesta di calendarizzazione potrebbe arrivare gia’ nella riunione odierna e, se venisse accolta, la palla passerebbe al Presidente del Senato, unico a poter decidere se emendare il ddl o farlo votare cosi’ com’e’. Intanto, allo ‘strappo’ di Lo Moro ha controbattuto il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi: “Il tavolo della mediazione non e’ saltato, il lavoro prosegue. Mi dispiace per la scelta della senatrice Lo Moro perche’ abbiamo lavorato seriamente per arrivare ad un accordo. Il lavoro proseguira’”.

Ieri sera ha parlato anche l’ex segretario e leder dell’opposizione interna, Pierluigi Bersani. “Non mi sento con Renzi da quando abbiamo fatto il presidente della Repubblica”, ha detto nel corso della registrazione della puntata del programma di Martedi’ su La7. Il problema, ha aggiunto, e’ che “c’e’ bisogno di considerare le idee anche degli altri”. Bersani ha poi spiegato che non esiste il rischio di scissione nel Pd: “Io dico alla gente: si sta dentro, si combatte da li’. C’e’ una parte che ha l’impressione, via via, di essere portata dove non vuole andare, si’ i singoli provvedimenti ma nell’insieme e’ gente che rivendicherebbe che il Pd fosse alternativo alla destra, con le sue idee e i suoi valori”, ha affermato l’ex segretario del Pd. “Non e’ vero che noi appariamo quelli delle tasse, noi siamo sempre stati quelli del welfare. La destra puo’ essere piu’ sportiva sulle tasse – ha commentato Bersani – perche’ pensa che il welfare puo’ andarselo a comprare”.
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