Morto Licio Gelli, a 96 anni porta nella tomba i misteri d’Italia

E’ morto all’età di 96 anni Licio Gelli, venerabile maestro della Loggia massonica P2 ed enigmatico personaggio della storia d’Italia. Se ne è andato nella sfarzosa dimora di Villa Wanda, a Castiglion Fibocchi (Arezzo), dove, il 17 marzo del 1981 venne rinvenuto l’elenco degli affiliati alla P2: mille nomi di politici, imprenditori, magistrati e artisti […]

E’ morto all’età di 96 anni Licio Gelli, venerabile maestro della Loggia massonica P2 ed enigmatico personaggio della storia d’Italia. Se ne è andato nella sfarzosa dimora di Villa Wanda, a Castiglion Fibocchi (Arezzo), dove, il 17 marzo del 1981 venne rinvenuto l’elenco degli affiliati alla P2: mille nomi di politici, imprenditori, magistrati e artisti e un misterioso  ‘Piano di rinascita democratica’. Quali fossero esattamente gli affari in cui fossero implicati e a cosa puntassero non è mai stato chiarito definitivamente. Gelli è implicato nei più grandi misteri d’Italia, dal tentato golpe Borghese alla tragica fine di Michele Sindona, dal sequestro Moro alla strage di Bologna e a Tangentopoli. Uomo di relazioni importanti, di intrighi e cospirazioni, fascista per autodefinizione, Gelli era stato detenuto in Francia e Svizzera e l’ultima volta era finito davanti ai giudici un paio di anni fa per essere sentito in merito ai rapporti tra P2, servizi segreti ed eversione nella trattativa Stato-Mafia. Altri segreti, altri misteri. Tutti finiti con lui nella tomba.

LICIO GELLI

IL RICORDO DI SILLI: “MI MOSTRÒ LE CARTE DEL GOLPE IDEATO DAL PCI NEI ’50” – “L’avevo conosciuto ultranovantenne, perché ebbi una storia con una delle sue nipoti, quindi l’ho frequentato pur non essendo mai appartenuto al suo mondo. Nacque una bella amicizia. Chiaramente per un appassionato alla storia della prima Repubblica e alla storia d’Italia sentendolo parlare si rimaneva a bocca aperta. Era una persona che sicuramente ci sapeva molto fare con le pubbliche relazioni, che ci teneva ai suoi rapporti personali”. A spiegarlo alla ‘Dire’ è il responsabile nazionale Immigrazione di Forza Italia, Giorgio Silli, che così ricorda l’ex venerabile della loggia P2, Licio Gelli.

“Mi spiace molto per la sua morte, lo ricordo con un sorriso- prosegue Silli – perché era una persona molto, molto piacevole. Era il tipico personaggio su cui il Paese si spacca in due. C’è chi a priori lo ama e chi lo odia. Sicuramente posso dire che era una persona piacevole”.

L’amicizia Silli-Gelli sbocciò nonostante le differenze tra i due. Da una parte Gelli, ‘grembiulino’, dall’altra il “cattolico conservatore” Silli il quale ora confida alcuni retroscena privati ed altri più politici. “Quando si andava su terreni un po’ accidentati diceva di non ricordare- sottolinea-.Poi, indubbiamente, qualche imbeccata qualche informazione per appassionarci sicuramente la dava. Ogni tanto parlava suo fantomatico archivio. Ho visto con i miei occhi- ammette- dei documenti che risalivano alla fine degli anni ’40, inizi anni ’50 sull’esistenza di un colpo di Stato progettato dal Pci nei minimi particolari, che indicava ad esempio a quale chilometro di strada si sarebbero trovate le armi sotterrate, quale casa del Popolo doveva fare che cosa, quali uomini di Stato erano d’accordo. Questi documenti, pertanto, dimostrano che nel dopoguerra si rischiò di cadere nella dittatura di un altro colore. Purtroppo erano troppo vecchi per essere usati politicamente”.

Sul Gelli privato, l’esponente azzurro chiarisce che “era una persona che andava a messa. Se si pensa a lui come ad un anticlericale si sbaglia”. Inoltre, nella sua vita personale, prosegue Silli, “aveva delle grandi passioni, scriveva anche le poesie. Aveva poi una grande passione per gli uccelli, tanto che io gli regalai un falco, da lui personalmente addestrato che gli ha fatto compagnia negli ultimi anni e due piccioni di una razza rarissima”. L’esponente di Forza Italia, che è anche consigliere comunale a Prato, snocciola inoltre un aneddoto condiviso da Gelli sui suoi anni di gioventù: “Aveva un ottimo rapporto con Falck, il patron delle acciaierie e nel dopoguerra lui cominciò a procacciargli il ferro. E Falck si rivolgeva a lui chiamandolo ingegnere- chiosa-, malgrado fosse stato espulso dalle scuole per indisciplina. Era convinto che fosse un ingegnere, di lì coi primi soldi aprì una cartoleria, la sua prima attività. Si capisce bene, dunque, la sua capacità di creare relazioni e di come sia giusto dire che sia stato davvero un uomo che si è fatto da solo”. (Dire)

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