Aiom: Un centesimo in più a sigaretta per un fondo Oncologico nazionale

Serve un fondo nazionale dedicato ai farmaci oncologici innovativi, per far fronte alle necessità di quell’esercito di persone, circa 3 milioni di italiani, che combattono contro il cancro. Un fondo autonomo che potrebbe essere finanziato con il gettito derivante dal tabacco. Lo Stato oggi ricava circa 11 miliardi di euro dalle accise del tabacco e […]

Serve un fondo nazionale dedicato ai farmaci oncologici innovativi, per far fronte alle necessità di quell’esercito di persone, circa 3 milioni di italiani, che combattono contro il cancro. Un fondo autonomo che potrebbe essere finanziato con il gettito derivante dal tabacco. Lo Stato oggi ricava circa 11 miliardi di euro dalle accise del tabacco e impiega queste risorse in vario modo, ne basterebbe una piccolissima parte, anche solo il 5%, per garantire pieno accesso a tutti i malati italiani ai tanti farmaci innovativi che arriveranno sul mercato e che potrebbero cambiare le loro aspettative di vita. La richiesta alle Istituzioni è avanzata oggi dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), insieme alle rappresentanze dei pazienti, in un incontro con i giornalisti a Milano. “Così potremo lavorare per garantire a tutti i pazienti italiani le cure più innovative ed efficaci – spiega il prof. Carmine Pinto, Presidente nazionale AIOM -. Ogni ora in Italia vengono individuati più di 40 nuovi casi di cancro, sono 363.300 le diagnosi stimate nel 2015. In diciassette anni (1990–2007) le guarigioni sono aumentate del 18% (uomini) e del 10% (donne). L’innovazione in oncologia ha permesso di raggiungere risultati straordinari e la ricerca scientifica ha reso disponibili armi sempre più efficaci come l’immuno-oncologia e le terapie target personalizzate, che potrebbero consentire di cronicizzare diverse malattie neoplastiche anche molto aggressive e in fase avanzata”. Fra il 2010 e il 2014 sono stati introdotti, a livello globale, 45 nuovi farmaci anticancro per 53 indicazioni. Nell’ultimo quinquennio la spesa sanitaria pubblica in Italia (pari a 111 miliardi di euro nel 2014) è cresciuta dello 0,9%, rispetto al +3,6% delle altre voci di spesa pubblica.

“È necessario individuare nuove risorse – continua il prof. Pinto -. Razionalizzazione della spesa, secondo i principi dell’appropriatezza e del riordino dei percorsi assistenziali in oncologia, con l’istituzione dei PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali) e delle reti oncologiche regionali, insieme ad una precisa definizione quali-quantitativa dell’innovazione, sono importanti strumenti, ma non bastano al fine di rendere sostenibile per il Sistema Sanitario Nazionale quanto si prospetta nei prossimi anni come innovazione in oncologia. È stato istituito un fondo per i farmaci innovativi, è ora indispensabile crearne uno destinato in modo mirato all’oncologia. Negli ultimi anni, parallelamente all’arrivo sul mercato di grandi innovazioni, che hanno dato ai pazienti oncologici nuove speranze, è cresciuto l’impatto economico delle terapie anticancro: sono aumentate dal 23,7 al 39% fra il 2007 e il 2013. Per la prima volta, nel 2014, i farmaci antineoplastici e immunomodulatori si collocano in seconda posizione (dati AIFA), subito dopo i trattamenti cardiovascolari, per impatto sulla spesa farmaceutica complessiva (3.934 milioni di euro) e al primo posto per spesa pubblica a carico del Servizio Sanitario Nazionale (3.899 milioni), in crescita del 9,6% rispetto al 2013. La sfida della sostenibilità si affronta ottimizzando la spesa e migliorando l’appropriatezza prescrittiva”. L’oncologia si colloca inoltre al primo posto per numero di studi clinici con il 35% del totale (204 nel 2013). “Le sperimentazioni però – afferma il prof. Pinto – sono diminuite in modo preoccupante, con un calo del 23,4% in cinque anni (2009-2013). In particolare gli studi no profit hanno fatto registrare una diminuzione del 56,3%. L’Istituzione di un fondo oncologico nazionale autonomo determinerà anche nuovo stimolo all’attrazione di trial clinici nel nostro Paese”.

Gli oncologi italiani propongono al Governo di finanziare il fondo attraverso il gettito derivante dal tabacco, un centesimo in più a sigaretta, con il duplice obiettivo di finanziare il fondo e di contrastare il tabagismo. I fumatori in Italia sono 10,9 milioni, pari al 20,8% della popolazione: 6,3 milioni sono uomini (25,1%) e 4,6 milioni donne (16,9%). Il 16,7% dei tabagisti consuma fino a 9 sigarette al giorno, il 49,2% fra 10 e 19, il 26,9% più di 20. Nel nostro Paese ogni fumatore consuma in media 13,1 sigarette al giorno, per un totale di circa 140 milioni di “bionde” ogni ventiquattro ore. “Nel 2015 sono stimati circa 41mila nuovi casi di tumore del polmone, una malattia per la quale la prevenzione può fare davvero la differenza – spiega il prof. Pinto -. Purtroppo il consumo di tabacco aumenta, soprattutto nel sesso femminile, ed è fra le donne, infatti, che rileviamo significativi aumenti di nuove diagnosi di cancro al polmone. La nostra proposta prevede una precisa destinazione d’uso per una piccolissima parte del gettito che lo Stato ottiene dalle accise sul tabacco, ad oggi pari a circa 11 miliardi di euro, destinandola a sostenere il fondo e quindi a garantire l’accesso alle nuove terapie a tutti. Proprio in questa patologia, infatti, farmaci innovativi, quali quelli immuno-oncologici, stanno dando risultati importanti e nuove speranze di lungo-sopravvivenza ai malati”.

“I pazienti – afferma Elisabetta Iannelli, Segretario Generale FAVO (Federazione delle Associazione di Volontariato in Oncologia) – hanno il diritto di accedere alle cure innovative in tempi adeguati, talvolta anche poche settimane possono fare la differenza. I ritardi di molti mesi, spesso dovuti alla burocrazia, non sono accettabili e non devono costituire alibi che giustificano risparmi di spesa sanitaria sulla pelle dei malati. L’istituzione di un fondo nazionale, dedicato ai farmaci oncologici innovativi, finanziato con le accise sul tabacco, garantirebbe accesso ai farmaci più innovativi ed efficaci a tutti i malati italiani. AIOM e FAVO hanno documentato la disparità territoriale nell’accesso ai farmaci che in alcune Regioni arrivano al letto del malato mediamente dopo 600 giorni dall’autorizzazione all’immissione in commercio, ma che in alcuni casi hanno tardato addirittura tre anni (VII Rapporto 2015 dell’Osservatorio sulla condizione assistenziale del malato oncologico FAVO-Censis). Nel complesso emerge una situazione di razionamento e di negazione e, comunque, di ritardo nell’accesso ad alcune cure già previste dalla normativa europea e nazionale per pazienti oncologici di alcuni territori e di alcune forme tumorali, più volte segnalata dalle associazioni dei pazienti. Inoltre è fondamentale che nel processo di valorizzazione e di valutazione del costo/efficacia del farmaco innovativo si inserisca una valutazione multifattoriale sulla base dell’Health Technology Assessment (HTA), come già avviene in alcuni Paesi europei, tra cui la Gran Bretagna, nei quali tra i parametri considerati oltre alla sicurezza, all’efficacia clinica ed alla valutazione economica sono valutati gli aspetti etici, organizzativi e socio-economici ed il punto di vista del paziente espresso attraverso le associazioni che lo rappresentano”.

“L’Unione europea – sottolinea Annamaria Mancuso, Presidente Salute Donna Onlus – ha concesso a ogni cittadino il diritto di recarsi in qualsiasi Stato membro per farsi assistere. Ma le migrazioni rappresentano un fallimento dell’intero sistema. Per questo il fondo nazionale costituisce anche uno strumento per consentire ai pazienti di essere assistiti vicino al domicilio”. In Italia l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) è riuscita a garantire l’erogabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale di molti farmaci ad alto costo con accorgimenti organizzativi (distribuzione diretta con gli sconti dovuti alle strutture pubbliche) e finanziari (cost-sharing, risk-sharing, payment by result), che hanno permesso di avere nel nostro Paese i prezzi più bassi per questi farmaci a livello europeo. In particolare nel cost-sharing è previsto uno sconto fisso sul prezzo dei primi cicli di trattamento per tutti i pazienti entrati in terapia (indipendentemente dagli esiti). Nel risk-sharing, rispetto al cost-sharing, lo sconto fisso (fino al 50%) nei primi cicli si applica esclusivamente ai pazienti che non rispondono al trattamento. Nel payment by result si estende il principio del risk-sharing con una copertura totale del prezzo del farmaco utilizzato (100%) in caso di fallimento terapeutico.

Attualmente il 27% delle procedure negoziali risponde ai criteri del cost-sharing, il 65% al payment by result e solo l’1% al risk-sharing. “Il sistema italiano di rimborsabilità funziona – conclude il prof. Pinto -, ma ora è necessario introdurre modifiche nella valutazione del prezzo dei farmaci, che si riferiscano anche all’efficacia. Dovrebbero cioè essere stabilite tre fasce di costo in rapporto al valore. Nella prima andrebbero inclusi i farmaci che garantiscano un prolungamento di oltre un terzo dell’aspettativa di vita. A seguire la fascia intermedia e nell’ultima rientrerebbero quelle terapie che offrono un prolungamento inferiore al 15% dell’aspettativa di vita”.

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