L’Italia vince a Berlino

Dopo il Leone d’Oro a Venezia con “Sacro GRA”, Gianfranco Rosi, unico italiano in gara al Festival di Berlino, vince l’Orso con “Fuocoammare”, film documentario frutto di un anno di permanenza sull’isola di Lampedusa, dove il cineasta ha immortalato l’incontro tanto con gli isolani, quanto con i migranti che tragicamente approdano – vivi e morti […]

Dopo il Leone d’Oro a Venezia con “Sacro GRA”, Gianfranco Rosi, unico italiano in gara al Festival di Berlino, vince l’Orso con “Fuocoammare”, film documentario frutto di un anno di permanenza sull’isola di Lampedusa, dove il cineasta ha immortalato l’incontro tanto con gli isolani, quanto con i migranti che tragicamente approdano – vivi e morti – a centinaia di migliaia sulle coste.

Il premio mancava al nostro Paese dal 2012, quando andò ai fratelli Taviani con “Cesare non deve morire”. Prima era andato nel 1991 a “La casa del sorriso” di Marco Ferreri, nel 1972 a Pierpaolo Pasolini con “I racconti di Canterbury”, nel 1971 a Vittorio De Sica con “Il giardino dei Finzi Contini”, e nel 1963 a “Il diavolo” di Gianluigi Polidoro.

Film realistico e duro quello di Rosi premiato dalla giuria presieduta da Meryl Streep, che racconta con uno sguardo particolare e diverso, ciò che da anni raccontano in modo parziale telegiornali e cronache dell’emergenza, che invece è quotidianità e ordinaria amministrazione.

Gli arrivi, il lavoro dei soccorritori, la figura chiave del dott. Pietro Bartolo direttore della locale Asl, medico degli isolani da trent’anni e testimone delle migrazioni da quando il flusso è iniziato.

Nel film c’è la quotidianità e lo spirito essenzialmente marittimo di un posto dove tutto ha a che fare con l’acqua e la natura. Ed è in qualche modo questo fattore che costringe a dire con maggiore chiarezza chi sei.

Lo sa Rosi, che lascia quindi libero spazio ai caratteri minori – scovati ancora una volta con incredibile talento – e che sembrano produrre luce e umanità di per sé.

E poi al pragmatismo della tecnologia, alla solidità di mezzi di salvataggio che per un attimo si appellano allo standard del protocollo per dare un senso a tanta follia.

E ancora i volti dei ‘salvati’, le sagome dei ‘sommersi’, mare ovunque ti giri, la cinepresa che ondeggia quando è su una barca come se regista e isola si fossero fusi insieme in una prova cinematografica inclassificabile e potente.

“Il mio pensiero va a tutti coloro che non sono mai arrivati a Lampedusa nel loro viaggio di speranza, e alla gente di Lampedusa che da venti trenta anni apre il suo cuore a chi arriva”, ha detto Gianfranco Rosi, ricevendo l’orso d’Oro.

“L’accoglienza non deve essere fatta dalle singole nazioni, ma dall’Europa. L’esempio che ha dato l’Austria, che sta iniziando a chiudersi, non è un grande esempio”, aveva detto precedentemente il regista Gianfranco Rosi a Berlino, procedendo lungo il red carpet della Berlinale. “L’Italia ha fatto tantissimo – ha aggiunto – per venti anni ha fatto da sola, ora non è più il momento di agire singolarmente”.

Carlo Di Stanislao

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