Francesco Totti, rifiuta di capire che è giunta l’ora. E Napolitano?

La vicenda che oggi tutti i mezzi di informazione amplificano e che riguarda la “bandiera” della Roma, Francesco Totti, in realtà non è che lo specchio di un problema ben più profonda che riguarda, in misura maggiore o minore, tutti coloro che occupano una qualche posizione pubblicamente riconoscibile: il rifiuto a capire quando è giunto […]

La vicenda che oggi tutti i mezzi di informazione amplificano e che riguarda la “bandiera” della Roma, Francesco Totti, in realtà non è che lo specchio di un problema ben più profonda che riguarda, in misura maggiore o minore, tutti coloro che occupano una qualche posizione pubblicamente riconoscibile: il rifiuto a capire quando è giunto il momento di fermarsi.

Che si tratti di attaccare le scarpette al chiodo piuttosto che ritirarsi a vita privata non cambia la natura del problema e cioè l’incapacità per molti di riconoscere i propri limiti ed in particolare quelli legati al momento in cui l’età (in funzione del tipo di lavoro di cui si parla) non permette più di continuare di svolgerla con la necessaria efficienza.

Per questo motivo in molti casi sono previsti per legge l’età oltre la quale si ritiene che alla persona vengano meno i requisiti minimi. E’ evidente che ci muoviamo su un terreno sul quale la risposta sul piano fisico-psichico non può che essere individuale e dunque ci sarà sempre qualcuno che a quella età si trova ancora in stato di piena efficienza e altri che avrebbero dovuto smettere prima.

In fondo la stessa fissazione dell’età per la pensione di vecchiaia   dovrebbe essere legata a queste motivazioni, tant’è che vi sono casi in cui essa è  molto più bassa perché si riconosce che esistono lavori più logoranti di altri: in realtà nel caso specifico i limiti psico-fisici non c’entrano più e prendono il posto ragioni politiche, come dimostra il fatto che in un colpo solo l’età per la pensione è salita da 60 a 67 anni con la legge Fornero.

Ma per i professori universitari, in virtù del fatto che il lavoro di ricerca è sicuramente meno logorante ed anzi mantiene giovani, la legge aveva fissato il termine più lungo di 70 anni.

La stessa Chiesa cattolica ha fissato per cardinali e vescovi l’età di 75 anni come momento obbligatorio per le dimissioni.

I termini di legge trovano ovviamente la loro motivazione nell’escludere che persone in età avanzata possano avere comunque riflessi mentali non completamente in ordine dovendo prendere decisioni rilevanti e che richiedono invece pienezza di capacità cerebrale.

Proprio per questo motivo da tempo chiedo che si fissi per legge che nessuna carica pubblica possa essere affidata a persone con età superiore a 75 anni(http://www.antonioborghesi.it/index.php?option=com_content&task=view&id=652&Itemid=1 )

Forse se, invece di un Presidente della repubblica come Napolitano che ha governato sopra gli ottant’anni, avessimo avuto un Presidente  più giovane chissà come si sarebbe evoluta la storia della nostra Repubblica? Lo stesso dicasi per chi l’ha preceduto come Ciampi.

Pensate a quanti parlamentari dovrebbero andarsene! A quanti giudici, a quanti memrbi della Corte Costituzionale, ecc.

Altro è quando non essendoci vincoli deve essere la persona stessa ad avere la lucidità di decidere quando è il momento di smettere.

Uno che ce l’ha sicuramente avuta è stato ad esempio è stato Joseph Ratzinger (papa Benedetto XVI)  che,  eletto papa a 78 anni, giunto ad 86 decise di dimettersi proprio in ragione delle sue condizioni psico-fisiche.

Tornando a Totti è certo che lui è tra coloro che non ha capito che a 40 anni un attaccante non può avere le stesse capacità di quando se ne hanno 25 ed il richiamo al “rispetto per quanto fatto in passato” ne è la migliore dimostrazione. Come hanno fatto notare suoi valenti colleghi come Vialli e Tardelli.

Antonio Borghesi

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