La costruzione dei LNGS e la presenza della captazione dell’acqua

I Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sono stati realizzati in base alla legge n. 32 del 9 febbraio 1982, che ha autorizzato l’ANAS alla loro costruzione e l’INFN alla loro gestione per finalità di ricerca scientifica. Durante i lavori di costruzione dei LNGS sono state individuate falde acquifere, […]

I Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) sono stati realizzati in base alla legge n. 32 del 9 febbraio 1982, che ha autorizzato l’ANAS alla loro costruzione e l’INFN alla loro gestione per finalità di ricerca scientifica.

Durante i lavori di costruzione dei LNGS sono state individuate falde acquifere, le cui acque, inizialmente convogliate a scarico, sono risultate di una qualità apprezzata per fini potabili. È stato in seguito deciso da parte delle Istituzioni competenti di utilizzarle per l’approvvigionamento idrico. Quindi, la captazione è stata realizzata successivamente alla costruzione dei Laboratori.

Il punto di captazione dei Laboratori fornisce circa 80 l/s di acqua sui circa 800 l/s complessivamente prelevati dall’acquedotto dalla falda acquifera del Gran Sasso.

I LNGS sono dotati di un sistema di gestione ambientale nel rispetto dei relativi standard internazionali, e rispettano la zona di tutela assoluta prevista in materia ambientale dall’articolo 94 del Decreto Legislativo n.152 del 3 aprile 2006. Per quanto riguarda la zona di rispetto, poiché l’infrastruttura dei Laboratori sotterranei è anteriore all’entrata in vigore del decreto legislativo e con evidenza non è possibile il suo allontanamento, l’Istituto è continuamente impegnato a garantire la messa in sicurezza delle proprie attività, rendendosi sempre disponibile ad attuare ulteriori miglioramenti, ove necessari.

La valutazione della qualità dell’acqua potabile captata dal Gran Sasso non è chiaramente di pertinenza dell’INFN. I controlli su tali acque sono effettuati dalle autorità competenti, come dimostra la vicenda del 30 agosto 2016. L’Istituto comunque monitora di continuo esclusivamente le acque convogliate a scarico.

Le attività di ricerca dei LNGS

Nessuna delle attività di ricerca che i LNGS svolgono produce scorie nucleari. È quindi scorretto riferirsi alle attività dei Laboratori parlando di “esperimenti nucleari” e paventarne i rischi connessi.

I LNGS non utilizzano sostanze radioattive per l’attuazione dei propri esperimenti.

Gli esperimenti che si svolgono ai LNGS hanno come obiettivo l’osservazione di fenomeni naturali rarissimi, come lo studio dei neutrini o delle particelle di materia oscura provenienti dal cosmo.

L’uso diffuso di sostanze radioattive sarebbe quindi in contrasto con le ragioni scientifiche, che rendono i LNGS uno dei luoghi a più bassa radioattività al mondo.
Solo in alcune fasi di funzionamento degli esperimenti sono necessarie delle calibrazioni degli strumenti che richiedono debolissime sorgenti di particelle (alfa, gamma e X). Sono sorgenti di bassa intensità, tutte sigillate, non presenti continuativamente nei Laboratori sotterranei, e conservate, quando non in uso, nella banca sorgenti dei Laboratori di superficie.

La bassa intensità totale delle sorgenti in uso nei laboratori sotterranei è paragonabile alla radioattività emessa da 10 metri cubi di granito o da 10 camion di banane, ricche di un isotopo del potassio, naturalmente radioattivo.

I lavori commissariali

A seguito della dichiarazione di stato di emergenza emessa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2003, l’intero sistema Gran Sasso è stato interessato da rilevanti lavori, gestiti da un Commissario Straordinario, di nomina governativa. Dalla documentazione in possesso dell’INFN, risulta che tutti i lavori programmati dal Commissario nella fase emergenziale relativi ai Laboratori sono stati realizzati e collaudati. Relativamente ai lavori di pavimentazione, questi non hanno potuto interessare le aree allora occupate da apparati sperimentali, per la materiale impossibilità di operarvi. Poiché si sono concluse le attività di ricerca che utilizzavano questi apparati, l’INFN ha potuto programmare l’esecuzione dei lavori nel mese di maggio 2017, per adeguare anche queste aree alle caratteristiche di sicurezza, realizzate dal Commissario per il resto dei Laboratori.

Le raccomandazioni dell’ISS

In fase di progettazione di un’attività sperimentale, l’INFN ha chiesto parere all’Istituto Superiore di Sanità (ISS) riguardo alla collocazione al “Nodo B” inizialmente ipotizzata per la nuova struttura. In seguito alle osservazioni e alle raccomandazioni specifiche a tale collocazione fornite dall’ISS nel documento Prot 19707/2013-0028289, l’INFN ha deciso di realizzare l’esperimento in un’altra area dei Laboratori sotterranei, già messa in sicurezza dal Commissario. Sono venute quindi a mancare le premesse per un intervento di pavimentazione di tale area.

L’episodio del 30 agosto 2017

La presenza di una concentrazione di diclorometano (DCM, un comune solvente) nell’acqua pari a 0,335 microgrammi/litro non è stata conseguenza di uno sversamento. Ma, come riportato con precisione nel comunicato stampa della Regione Abruzzo del 21 dicembre 2016, durante l’operazione di rimozione di un collante da alcuni cristalli di un esperimento, una minima quantità di diclorometano è evaporata.

Le analisi della ASL l’hanno segnalata come una anomalia e il 31 agosto ha disposto la sospensione, in via cautelativa, dell’immissione in rete delle acque dal pozzetto di prelievo n. 1917, che l’acquedotto del Ruzzo ha prontamente eseguito. Il 1° settembre i Laboratori sono stati avvisati dalla ASL dei risultati del prelievo. Il 2 settembre il Diclorometano presente nei Laboratori sotterranei è stato rimosso.

Poiché la quantità di solvente rilevata era molto limitata (inferiore di 1500 volte alla concentrazione di probabile effetto nullo in acqua dolce, e di 60 volte alla concentrazione raccomandata dall’OMS per le acque potabili), non sussistevano le condizioni per l’attivazione di piani di emergenza in conseguenza dei quali è prevista la comunicazione alle autorità competenti. L’anomalia è stata comunque gestita dalla ASL di Teramo in base al principio di precauzione, che a tutela massima della popolazione ha portato alla sospensione della captazione.

Le indagini condotte dall’INFN sulle strutture di propria competenza non permettono di spiegare ad oggi come il Diclorometano evaporato abbia raggiunto le acque raccolte dalle tubazioni dell’acquedotto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *