La necessità di una “Rivoluzione gentile”

L’Aquila è stata la meta prescelta dalla “Rete delle donne per la rivoluzione gentile” per la loro prima assemblea nazionale: una tre giorni, quella svoltasi dall’11 al 13 novembre, per incontrarsi, confrontarsi e stilare un modello di proposte da presentare al futuro, o alla futura leader del Governo. La rete nazionale delle donne per la […]

L’Aquila è stata la meta prescelta dalla “Rete delle donne per la rivoluzione gentile” per la loro prima assemblea nazionale: una tre giorni, quella svoltasi dall’11 al 13 novembre, per incontrarsi, confrontarsi e stilare un modello di proposte da presentare al futuro, o alla futura leader del Governo.
La rete nazionale delle donne per la rivoluzione gentile trae origine da un gruppo regionale di donne, “La rete delle donne pugliesi per Nichi Vendola presidente”: << Il gruppo raccoglieva donne di tutti i partiti politici, ma non professioniste della politica; un gruppo eterogeneo di mamme, lavoratrici, donne che si erano da tempo astenute dal votare, ma tutte accomunate dal desiderio di dare continuità all’esperienza di governo di Nichi Vendola e delle sue assessore. Un’esperienza che stava dando fiducia ai giovani e a tante donne>> spiega Rita Saraò, portavoce nazionale del gruppo. Quella rete di donne rivendicava il diritto ad una politica partecipata, anche per mezzo delle primarie per l’elezione di un candidato presidente.
L’entusiasmo, generato dalla possibilità di rinnovamento della politica tramite l’apporto di un sentire e di capacità tutte al femminile, è stata forza troppo dilagante per rimaner circoscritta entro gli angusti confini regionali: il movimento si è esteso rapidamente in tutta Italia creando una rete di donne che hanno pensato ad un modo innovativo, rivoluzionario, di fare politica.
La rappresentanza femminile non è un problema di quote rosa. È una questione vitale” con queste parole viene denunciata, da questo gruppo di donne, l’impossibilità decisionale di una metà della società. La mancanza di rappresentanti femminili si riscontra in maniera evidente nelle istituzioni come nei consigli di amministrazione delle aziende. Si nega, in questo modo, non soltanto una maggiore efficacia di azione nella risoluzione dei problemi tramite una pluralità di prospettive di analisi, ma anche il diritto di dare voce ai bisogni di una parte della cittadinanza che non si vuol neppure interrogare.
Abbiamo scelto L’Aquila come simbolo: il simbolo delle ferite della nostra Patria. Ma abbiamo scelto questa città anche in virtù dell’intenso rapporto che si è stabilito con le donne aquilane, con le quali siamo entrate in contatto dallo scorso mese di maggio” continua Rita Saraò, spiegando i motivi che hanno indotto queste donne a volere L’Aquila come scenario dello loro primo incontro nazionale. Il corpo martoriato della città- il corpo martoriato della Natura- il corpo martoriato della figura femminile: questo il legame sempre presente come punto di partenza nei lavori svolti a L’Aquila dalla Rete nazionale delle donne per la Rivoluzione Gentile.
Ma è pur vero che innegabile è stata la forza delle donne nella fase successiva al terremoto: sono state le donne i nuclei attorno alle quali sono stati creati i primi comitati cittadini, donne che da subito si sono adoperate affinché la vita economica e amministrativa ripartisse, donne che hanno vigilato sull’unità della propria famiglia. E dalla forza delle donne aquilane si deve ripartire. Una delle proposte della Rete nazionale delle donne per la Rivoluzione Gentile è stata quella di istituire L’Aquila “Città delle Donne” che ospiti le manifestazioni ufficiali che celebrano la Giornata internazionale della donna.
Scrive Luisa Nardecchia, docente di lettere al liceo scientifico di L’Aquila: “Le donne diedero forza alle braccia, spazio alla memoria. Istinto di protezione della specie? Forse. Non siamo forse noi che abbiamo passato almeno cinque anni della nostra vita stese sul tappeto di casa con i nostri figli, per insegnare loro il gioco della torre di cubi? Un cubo sopra l’altro, un cubo sopra l’altro. Uno per volta, con pazienza. Poi la torre cade, il bimbo ti guarda spaurito, tu lo consoli: «Non fa niente, la rifacciamo». Non fa niente, la rifacciamo. NON FA NIENTE, LA RIFACCIAMO.”

Elisa Giandomenico

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