In guerra

Una autentica, perentoria certificazione di un grave stato sociale è notificato oggi da Confinduria che, sulla stato della nostra Nazione, dice che si vive fra “danni economici analoghi a quelli provocati da un conflitto”. Il parere, reso noto mentre parte il vertice europeo più importante di sempre, messo a punto dal Centro studi di Confindustria, […]

Una autentica, perentoria certificazione di un grave stato sociale è notificato oggi da Confinduria che, sulla stato della nostra Nazione, dice che si vive fra “danni economici analoghi a quelli provocati da un conflitto”. Il parere, reso noto mentre parte il vertice europeo più importante di sempre, messo a punto dal Centro studi di Confindustria, che spiega: “sono state le parti piu’ vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni, quelle da cui dipende il futuro del Paese, a pagare il prezzo maggiore”.

Secondo l’analisi “l’aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi, in quasi tutte le economie avanzate, a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali. Una sorta di guerra c’e’ stata ed e’ tuttora in corso, ed e’ combattuta, una volta di più, dentro l’Europa e dentro l’Italia. Come nei secoli passati, in cui le divisioni e gli interessi di parte prevalevano su tutto e tutti”.

A rincarare la dose Luca Paolazzi, direttore del Centro studi di Confindustria, che ha detto, presentando la ricerca, che “l’Italia è nell’abisso” e si prevedono flessioni del Pil del 2,4% nel 2012 e dello 0,3% nel 2013, che seguono ad incrementi irrisori dell’1,8% nel 2010 e dello 0,4% nel 2011. “La recessione italiana si e’ gia’ concretizzata più intensa”, si legge nella premessa dell’indagine di Viale dell’Astronomia, che continua: “Il 90% dell’arretramento di quest’anno e’ già acquisito nel secondo trimestre (-2,1%)”.

Ed è di guerra il clima che si respira attorno al vertice già definito salva-Europa che prenderà il via oggi pomeriggio, in una Bruxelles su cui si appuntano gli occhi di tutti.

Monti ieri ha lanciato la sua sfida ad Angela Merkel e con un giro di parole ha avvertito la cancelliera che se si può andare avanti a nove su ventisette con la Tobin Tax, allora si può fare lo stesso per il meccanismo salva spread, che l’Italia chiede all’Ue di varare al più presto, per dare sollievo al suo debito e non solo.

La risposta di Berlino non è stata certo incoraggiante: l’Eurozona ha già a disposizione “un raffinato strumentario”, costituito ad esempio dall’EFSF e dall’ESM che sono “a disposizione” dei paesi che dovessero averne bisogno, ha affermato una fonte governativa tedesca, aggiungendo che “è esagerato andare in panico per i tassi sui titoli di Stato italiani e spagnoli”.

Quanto all’ultimatum di Monti la replica è sta più che secca, anzi, direi perentoria: “Il gabinetto tedesco ha stabilito la possibilità di una Tobin Tax, ritenuta necessaria. Questa la posizione della Germania, non è affatto cambiata da ieri”.

La guerra è già partita e nonostante i molti cadaveri, sta per farsi ancora più terribile e cruenta. Siamo al consiglio europeo numero 25 dall’autunno 2008 ed il Vecchio Continente è ancora alla di una ricetta che funzioni per la crescita, mentre si prepara a discutere il progetto del presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, per l’Unione monetaria bis con più disciplina e solidarietà.

Ne ha bisogno per sopravvivere, e ne è consapevole.

Il progetto del fiammingo, tuttavia, al momento divide più di quanto riesce a unire.

Questo consiglio doveva essere per il Piano per la Crescita e lo sarà, invece, solo in parte, perché i 120/130 miliardi del “Growth Compact” sono misure di leva finanziaria senza vero effetto istantaneo su sviluppo e posti di lavoro.

Monti cercherà di venderlo al meglio, questa sera, sperando di nascondere, se non superare, i dissidi sul futuro fra chi esige più rigore e chi più collaborazione.

E soprattutto di distrarre dalla sua posizione indebolita da un sostegno politico interno sempre più vacillante e dalla consapevolezza che gli umori della classe imprenditoriale italiana nei suoi confronti sono mutati.

Il vero avversario, comunque, nell’immediato, è, come sul campo di Varsavia, la Germania capeggiata da una Merkel decisa a non mollare di un passo e che, incalzata in casa dalla opposizione socialdemocratica, si è si battuta per la Tobin Tax, ma, d’intesa con la Commissione Ue, ha frenato sull’idea italiana di un meccanismo di intervento per comprare titoli dei paesi costretti a pagare tassi troppo alti.

Certo su questo Monti ha alzato la voce e lo ha fatto proprio a Bruxelles, ricevendo il premio annuale dell’Associazione dei contribuenti europei. “L’Italia ha compiuto un passo importante dichiarando di non esser più ostile alla Tobin Tax di fronte alla richiesta di procedere eventualmente ad una cooperazione rafforzata, cioè non a 27 – ha detto – Adesso potrebbe prendere in considerazione questa richiesta. Ma aderirebbe solo se anche per altri aspetti, come la politica finanziaria di gestione del mercato dei titoli sovrani, ci fosse una cooperazione rafforzata e quindi ci si muovesse ad un livello di cooperazione maggiore”.

Aut aut palese, con un Monti che ha detto d’essere pronto a negoziare sino a domenica.

Ma non so quanto basti in termini di risultati, come non so quanto la cabala e la storia ci rendano davvero favoriti, oggi, in quell’altra battaglia che si preannuncia difficile contro la Germania del Calcio, nelle seconde semini finali di questa Coppa Europa targata 2012.

In passato ai panzer tedeschi abbiamo inflitto non pochi dispiaceri, dal leggendario 4-3 dell’Azteca nei Mondiali 1970, al 3-1 della finale mondiale di Spagna ’82 fino allo 0-2 di Dortmund ’06. Però i bookmaker ci danno sfavoriti e anche se possiamo farcela i timori non sono pochi.

Noi facciamo fatica a segnare ed invece segna la Germania che ha letteralmente “spianato”, in questi europei, Portogallo, Olanda, Danimarca e Grecia.

A più di 40 anni di distanza dalla partita che cambiò il modo di intendere il calcio di almeno un paio di generazioni, Rivera è intervenuto nel dibattito che precede la sfida con la Germania per dire anche lui la sua sulla gara che ci aspetta. L’Abatino di Alessandria, come lo battezzò Gianni Brera, che lui crede che ci dirà bene e non solo per la tradizione che non ci vede mai sconfitti, ma perché l’Italia ha dimostrato un crescendo che denota buona forma e eccellente coesione.

Come nel 2006, quando l’Italia si laureò campione del Mondo, anche quest’anno gli azzurri sono arrivati alla competizione sull’onda di un grande scandalo. Allora era Calciopoli, questa volta Scommessopoli.

Il fatto è che il nostro calcio degli ultimi tempi è sempre meno “sportivo” e sempre più nel ciclone. Ma poiché siamo un popolo sempre imprevedibile e dagli improvvisi (ed imprevisti) colpi di reni (ed impennate d’orgoglio), potrebbe accadere (il che renderebbe mitica questa data), che gli Azzurri battano la Germania di Löw sul campo verde e che Monti la spunti sulla Merkel, sotto i grigi cieli di Bruxelles.

D’altra parte non è stato proprio il grande Erwin Rommel ha dire: “Il soldato tedesco ha stupito il mondo, il soldato italiano ha stupito il soldato tedesco”?

La frase fu pronunciata dopo El Alamein ed i soldati che stupirono “la volpe del deserto”, erano i sopravvissuti dei reparti della Folgore (paracadutisti) e Ariete (divisione corazzata, carristi e fanteria), alla fine tutti decimati e annientati.

Ma come si può leggere nella epigrafe avanti al cimitero della Folgore a El Alamein:

“Fra le sabbie non più deserte
son qui di presidio per l’eternità i ragazzi della Folgore
fior fiore di un popolo e di un Esercito in armi.
Caduti per un’idea, senza rimpianto, onorati nel ricordo dello stesso nemico,
essi additano agli italiani, nella buona e nell’avversa fortuna,
il cammino dell’onore e della gloria.
Viandante, arrestati e riverisci.
Dio degli Eserciti,
accogli gli spiriti di questi ragazzi in quell’angolo di cielo
che riserbi ai martiri ed agli Eroi”.

Quindi, buon summit a Monti e buona partita a tutti noi, popolo di inaffidabili, capaci, certe volte, di trasformarsi in eroi.

Come nel suo estremo contributo al cinema e alla nostra intelligenza ha detto Monicelli in “Le rose del deserto” (prendendo spunto da Tobino e da Giancarlo Fusco e tenendosi lontano dal retorico antimilitarismo facile e vuoto di “El Alamein” di Enzo Monteleone o “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores), gli italiani le guerre non le fanno, ma le subiscono. Tuttavia le portano a termine, con dignità personale, perché anche se non hanno forte senso di Patria, ne hanno uno maggiore, fatto di altruismo e di generosità e “per il bene che vogliono” al prossimo non hanno scelta, devono proseguire sconcertati, increduli, inadatti alla circostanza e, a volte, giungono, inaspettatamente, fino alla meta.

Carlo Di Stanislao

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